Recensione Spin the Dawn di Elizabeth Lim

Recensione Spin the Dawn di Elizabeth Lim

Maia aveva una famiglia felice, ma la morte di sua madre e la guerra le hanno tolto tutto. Il suo talento con ago e filo non ha però paragone e, grazie all’inventiva, ha fatto di tutto per sopravvivere alla povertà. Quando suo padre viene convocato dall’imperatore, sente che è il suo momento. Ma lei è solo una donna.

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Lo confesso, sono partita con aspettative davvero molto basse e per fortuna questo volume si è rivelato superiore rispetto a quanto mi aspettassi. Diciamo che le prime pagine avevano un sentore di “Mulan sartoriale”, ma per fortuna si è presto risollevato.

Partiamo con il dire che la costruzione del mondo è stata ben gestita. Questo volume è davvero ben strutturato e i fugaci dubbi vengono sempre sanati con delle spiegazioni coerenti. Insomma super promosso (invece il seguito… ma ne parleremo poi).

La protagonista Maia è, volendo, un personaggio molto godibile e semmai è l’ennesimo immortale con millemila anni che poi si comporta da adolescente che rimprovero un poco. Sto parlando di Edan, lo stregone al servizio dell’Imperatore che però, come da migliore young adult, mi veste i panni della controparte maschile a cui la protagonista (spoiler) potrebbe voler cedere il cuore. Ecco, questo è stato un piccolo scivolone. Avrei preferito un uomo adulto pronto a fare anche qualcosa di sporco per evitare che la sua amata pagasse il prezzo della sua schiavitù, piuttosto che l’ennesima eroina che salva il mondo, salva la cheerleader (ops cliché sbagliato?)

Scherzi a parte anche il viaggio dell’eroe dietro alle vicende dei protagonisti è abbastanza standard ma è molto godibile, forse anche per la cura della costruzione dei paesaggi e delle prove alle loro spalle.

Onestamente sono rimasta molto colpita, alla sua fine non ero pienamente soddisfatta ma lo avrei consigliato a tutti senza problemi… però ho cambiato idea con il secondo volume, ma ne parleremo nella recensione del secondo libro.

Il principe degli sciacalli

Recensione Il principe degli sciacalli di Rebecca Moro

Nell’impero di Mnar l’invasione degli uomini bestia, chiamati sciacalli, fa crollare il quadrante nordest condannando i suoi abitanti all’oblio. Per fortuna il principe Raven compie un atto di Devozione offrendosi come loro schiavo e cedendo le sorelle ai nuovi arrivati. Sembra la fine di tutto, ma in realtà è l’inizio di sconvolgenti cambiamenti e tremendi tradimenti.

Attenzione il libro è stato offerto dall’autrice, Rebecca Moro.

Si capisce subito dalle prime pagine che questo volume rispecchia lo stile e la forma di un epic fantasy, quello che invece sorprende è che non è il solito romanzo fantasy. Parto con il dire questo perché, se cercate un fantasy acqua e sapone, questo non è il libro che fa per voi. Qui si sente il sapore più puro di questo genere e dei suoi grandi maestri come Tolkien, Martin, ma contemporaneamente non è quello che vi aspettereste leggendo questi due maestri. Esatto, c’è qualcosa di diverso, di insolito, di anticonformista ma allo stesso tempo coerente con l’ambientazione fantasy e il mondo creato dall’autrice. Forse è più giusto definirlo un “Weird Epic Fantasy” perché non può semplicemente stare con i grandi maestri del passato, ha bisogno di una collocazione diversa.

Partiamo dalla scelta di creare dei personaggi bruti e violenti che poi assumono tutta una loro importanza nella storia, opzione abbastanza interessante perché si è più propensi ad accettare, man mano che la storia evolve, un nemico umano piuttosto che un usurpatore mostruoso che stupra. E anche su quest’ultimo punto (che ho visto criticato) mi sento di spezzare una lancia sulle scelte dei personaggi. E’ un libro che vive attraverso i tempi che racconta, non con gli occhi di noi uomini o donne dell’epoca moderna. Trovo che riadattare i comportamenti, e soprattutto le psicologie dei personaggi al loro contesto, sia più coerente che condannare scelte che appaiono prive di morale.

Gli intrighi dietro alla temibile invasione si rivelano una colonna solida che porta avanti la storia e appassiona il lettore. I personaggi, oltre a Raven, sono ben caratterizzati. Per Sarissa, e la stessa Ioni (sorelle di Raven), ci sono descrizioni che potrebbero sembrare fine a se stesse ma che arrivano a delineare i protagonisti e chi li circonda. Una scelta che potrebbe sembrare appesantire il romanzo e che invece, a mio parere, rende la storia più ricca e vivida. I punti di vista, nonostante si alternino, non annoiano e non staccano troppo l’uno dall’altro (anche se io avrei voluto leggere di più di Sarissa e Ioni, e infatti confido che il secondo volume sia più rivolto a loro), anzi spingono la storia avanti di capitolo in capitolo.

Un libro ricco che, benché conti meno di quattrocento pagine, si divora e culla il lettore che ha bisogno di un Fantasy ben scritto. Dedicato agli amanti dei grandi maestri o che cercano avventura, sangue, intrighi. Sconsigliato a chi cerca una lettura veloce e facile o che sia una fotocopia/riassunto del genere.

Inutile dire che non vedo l’ora di iniziare il secondo volume.

I figli di Darwin

Recensione I figli di Darwin di Giulia Esse

Qualcosa sta cambiando a Londra. Alla Royal Society lo spirito creazionista sembra voler sopprimere le idee evoluzionistiche Darwiniane. Come se già questo non bastasse, misteriosi suicidi di massa sconvolgono la città; la chiave di tutto sembra essere nelle mani di Demetrius: un inventore le cui idee non sono considerate molto dal mondo scientifico, un uomo che preferisce non affrontare i problemi.

Attenzione questo volume è stato offerto da Plesio Editore.

Parto con il dire che questo volume è una lettura che ingrana dopo parecchi capitoli. C’è voluto un po’ perché il mondo complesso mi apparisse chiaro. I personaggi che abitano questa storia sono molti e entrare in empatia con tutti è complesso. Alcuni capitoli interrompono gli eventi degli altri, struttura narrativa geniale e ben gestita, ma che io poco apprezzo. Eppure, una volta entrata in sintonia con i vari protagonisti, è stato un attimo riuscire anche a gustare a pieno regime la storia.

Non è una storia che si può riassumere in poche parole, così anche i personaggi sono tanti e belli proprio per la loro complessità: la bravura dell’autrice riesce a dipingere pian piano ognuno, fino ad arrivare alla parola fine quasi con dispiacere perché ci si era affezionati. E lo dico chiaramente, si vorrebbe leggere molto altro, o semplicemente si vorrebbe tornare indietro nei capitoli e sperare di trovare molto altro.

L’ambientazione steampunk è inizialmente molto soft, non facendo cadere questo volume nello stereotipo di un mondo fatto di vapore e rotelle ovunque. Anzi di diversi riferimenti storici contenuti nel volume (come l’ampio approfondimento ai preraffaeliti, nonché il citare Effie Gray, personaggio legato al movimento e poco conosciuto se non a chi ha studiato bene arte) lo portano a mostrarsi per una lettura che è molto più complessa delle immagini che richiama il genere. Lo stile dell’autrice è parecchio ricercato e i dialoghi hanno un sapore ottocentesco, a completamento dell’ambientazione steampunk.

La scelta di inserire diversi personaggi poi lo rende ideale per chi apprezza non solo il genere, ma anche per chi magari in un primo momento non riesce a creare empatia con il protagonista principale. Per esempio io mi sono fissata moltissimo sulla linea narrativa di Erza Walton e Gràinne Lynch, due personaggi secondari, di cui leggerei volentieri un volume a loro dedicato. I personaggi secondari hanno a volte la forza di togliere la scena a Demetrius e lo fanno in un modo tale che si rimane incollati alle pagine.

Una lettura consigliata a chi apprezza il fantastico storico, ovviamente lo steampunk, ma soprattutto a chi è alla ricerca di un’avventura unica nel suo genere.

Il vero amore esiste

Recensione Il vero amore esiste di Julia Quinn

Gregory Bridgerton è l’ultimo scapolo di famiglia, non ha fretta, è sicuro che l’amore esista e da qualche parte ci sia la donna giusta per lui. Peccato che, galeotta fu quella nuca, Lady Hermione è già innamorata e, per quanto Lady Lucinda gli stia dando una mano per conquistarla, sembra chiaro che il loro amore non avrà un futuro.

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

L’ultimo fratello della famiglia Bridgerton chiude con il botto questa serie di otto volumi. Il penultimo libro non mi aveva conquistato, invece qui Julia Quinn dimostra di avere di nuovo le capacità per intrigare il lettore e riuscire a tenerlo incollato alle sue pagine. Partiamo con il dire che questo libro, oltre a chiudere la serie, propone una storia molto diversa dalle precedenti: abbiamo un amore con corrisposto, un protagonista che non capisce davvero i suoi sentimenti e soprattutto abbiamo intrighi e ricatti. La tensione rimane altissima fino alle ultime pagine che sono una corsa contro il tempo. Inoltre abbiamo l’intrigante scelta dell’autrice di mettere in gioco due diverse possibili candidate al ruolo di possibile amata per il povero Gregory.

Insomma questo libro chiude con degli autentici fuochi d’artificio la serie e lascia orfane noi lettrici che ora dovremo trovare un’altra serie come questa per accompagnare la nostra estate. Analizzando, a fine dell’intera serie, i volumi, devo confessarvi che il mio preferito resta il volume su Francesca (Amare un libertino) per le tematiche legate alla maternità e al lutto, in seconda istanza abbiamo Anthony (Il visconte che mi amava) e quello più fuori dagli schemi di Eloise (A Sir Philip, con amore).

Julia Quinn si è rivelata una autentica maestra del genere Historical Romance e sono certa che la si potrà apprezzare anche nelle altre serie di romanzi da lei scritta. La speranza è che l’ondata Bridgerton porti in libreria questo genere che di solito è relegato all’edicola in edizioni molto economiche, ideali per essere letture da ombrellone, ma che a mio parere possono dignitosamente occupare lo spazio delle libreria di noi lettrici romantiche in un formato più ricercato.

Fumo negli occhi e altre avventure dal crematorio

Recensione Fumo negli occhi e altre avventure dal crematorio di Caitlin Doughty

Il rapporto che l’essere umano ha nei confronti della morte è solitamente dettato dalla paura: non sappiamo cosa ci attende dopo, come sarà e quando avverrà. Per questo affrontare la morte come una professione può far storcere il naso a chi vive ogni giorno relegandola a un evento che non lo toccherà mai, o comunque “not today”, come direbbe Arya Stark. Caitlin ha però un rapporto difficile con la morte ed è proprio passando le sue giornate con i cadaveri che imparerà a convivere con essa.

Attenzione questo libro è stato offerto da Carbonio Editore.

Vi svelo un piccolo segreto. Nel mio piccolo anche io lavoro con i morti. La mia professione a tempo pieno è quello di gestire le spedizioni di aziende italiane verso varie parti del mondo, ma tra questo che ne sono anche alcune davvero particolari: il rimpatrio di salme. Per quanto non possiate capirlo è la parte più bella e unica del mio lavoro. Il mio rapporto con la morte non è semplicemente lavorativo, lo confesso, è una questione morbosa che ha un’origine complicata e molto diversa da quella che porterà l’autrice di questo libro a lavorare in un crematorio. Eppure in lei mi riconosco.

La morte è un tabù. Eppure Caitlin, protagonista e autrice di quello che trovo sia una via di mezzo tra un saggio e un romanzo, racconta bene come, entrarci in contatto per lavoro, dia grandi possibilità per conoscere la natura umana, fornendo alcuni approfondimenti davvero ben studiati per raccontare l’evoluzione della morte nelle culture. Quando si lavora con la morte si conoscono più persone di quanto si potrebbe pensare. L’ultima strada di corpi ormai vuoti che sanno raccontare e far vivere nuovi momenti, non solo alla protagonista ma anche al lettore. Forse è per questo che chi non ne è mai entrato in contatto, se non attraverso il lutto, non può capire quanto si possa imparare da una salma.

Nasciamo con un’unica via diretta verso la morte. Che sia lontana o meno, quella è la direzione che tutti intraprendiamo. Eppure parlarne, prepararsi o anche solo celebrarla, è ancora molto difficile anche oggi che siamo nel 2021 e stiamo cercando di lasciarci alle spalle una pandemia che in qualche modo ha toccato le nostre vite e ci ha privato anche di alcune persone. Non so come spiegare quanto sia importante accettare l’inevitabile, e allo stesso modo imparare a sopravvivere alla paura dettata dal fatto che in qualsiasi momento si potrebbe morire. Di certo tra queste pagine potrete vedere con attenzione tutti quegli aspetti fumosi che si nascondono dietro il nostro preferire l’ignoranza, perché le risposte comunque non ci allontanano dalla realtà che moriremo comunque. Eppure arrivare preparati al nostro ultimo saluto al mondo potrebbe aiutare noi stessi, ma anche la nostra famiglia.

Un “must have” per tutti coloro che passeggiano nei cimiteri e ci vedono arte e mille storie intrappolate nella pietra dei monumenti, a chi la morte non spaventa e anche per chi ne è terrorizzato. Ideale per i curiosi, per coloro che hanno bisogno di leggere qualcosa di davvero unico e particolare.

Re in Eterno (seconda parte)

Recensione Serie Re in Eterno (seconda parte) di T.H. White

Ci siamo lasciati alle spalle le prime vere avventure di Re Artù e si riparte leggendo la storia di Lancillotto, arrivando alla fine di questa serie con la caduta del regno di Camelot.

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Si ritorna tra le pagine di White che, con il suo uso dell’anacronismo, rende molto dinamica la narrazione di un testo che a mio parere è invecchiato malissimo. Come già dicevo nell’analisi dei primi due volumi, si sentono gli anni che gravano sulle sue spalle . Lo si percepisce sempre di più che ci si allontana dalla trama de “La spada nella roccia”. I temi si fanno sempre più maturi, sfociando nella complessità del dialogo tra Merlino e Artù dell’ultimo libro.

La visione di White del ciclo arturiano non è votata a dargli semplicemente un nuovo e simpatico modo di essere narrata, bensì trasforma i toni in tragedia. Quasi volesse accompagnare i lettori verso nuove riflessioni, si fa sempre più serio e votato alla filosofia. Non mi aspettavo un declino tragico della storia perché, sebbene conosca abbastanza il ciclo arturiano, i primi due libri non lasciavano intuire che l’autore volesse dare così tanto spazio alle diverse metafore sociali che introduce in ogni volume.

Si sente moltissimo la sua età ma anche il contesto storico in cui è stato scritto, tra la fine degli anni ’30 e metà degli anni ’40, un periodo che per gli Inglesi, come per l’autore, fu tutt’altro che una passeggiata. In particolare l’ultimo libro (che anche nelle versioni inglesi non è sempre pubblicato con i primi quattro) riesco a sentire la forte critica contro il genere umano che in quegli anni stava distruggendo il mondo per degli ideali di superiorità.

Arrivare alla fine di questi cinque libri non credo sia un’impresa per tutti: non è una di quelle letture da ombrellone, nemmeno una di quelle didattiche, ma credo non possa essere semplicemente letto come “versione moderna del mito di Re Artù”; la nuova dimensione data da White chiede davvero tutta l’attenzione del lettore per capire e apprezzare la complessità di una storia che cerca di educare. White, incarnando un moderno Merlino, ci ha dato un volume che vuole insegnarci qualcosa, ma questa lezione non sarà una versione canterina o divertente. Lo fa chiedendoci uno sforzo, e al giorno d’oggi non so in quanti siano disposti a fare questo passo.

Re in Eterno

Recensione Serie Re in Eterno (prima parte) di T.H. White

Cosa succede quando un ragazzo senza natali incontra un mago stravagante che ha la testa proiettata nel futuro? E se questo ragazzo altro non fosse che il predestinato a diventare Re Artù?

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Ok lo confesso ho voluto leggere questo libro a causa degli X-Men. Non so quanti sappiano che oltre ad apparire nel secondo film, questo sia un testo molto citato nei fumetti. Nonostante io mal sopporti il ciclo arturiano (storia lunghissima, non è colpa mia e nemmeno di Artù, è che abbiamo una relazione complicata) ho voluto mettermi alla prova.

Parto con il dire che per metà del primo libro si è rivelata una lettura piuttosto interessante e scorrevole, poi credo mi sia impantanata nelle avventure che Wart affronta e durante le quali impara le prime morali del suo precettore magico.

Si sente come questo testo abbia ispirato la Disney, ma devo confessare che il Merlino del libro mi ha ricordato di più il Radagast cinematografico. Questo è stato stranissimo (perché quello del libro me lo ero figurato molto diversamente); ho sentito la mancanza degli anacronismi che a volte c’erano, in altri momenti scomparivano. Per esempio quando scappa in vacanza (e lo fa anche nel libro) la scena non è così ben espressa come quella disneyana. La cosa curiosa è che il personaggio di Kay non è un ragazzone stupido, ma anzi è un suo coetaneo che si dimostra un personaggio piuttosto interessante.

Molte colleghe leggendolo hanno sostenuto che lo stile fosse un poco vecchiotto. Del resto si tratta di una saga scritta alla fine degli anni ’30, e la copia staffetta che ci hanno inviato non rende giustizia (essendo piena di sviste e maiuscole mancanti), ma nel suo insieme è ben scritto e le pagine a volte scorrono bene. Il problema è che i tempi narrativi sono un poco estremizzati, non bastano uno o due espedienti per tramettere a Wart gli insegnamenti. Merlino invece fa vivere diverse avventure proprio per permettere al protagonista di comprendere la complessità della giustizia.

Nel secondo libro invece la situazione evolve e anche i toni sono meno giocosi e spensierati. Rispetto al primo si sente una crescita non solo nel personaggio ma anche nel target di lettori: si passa da una lettura per giovani a qualcosa di più profondo (cosa che accadrà anche nei successivi libri) e ci si rende conto che ogni elemento superficiale nel precedente, inizia a dare una forma concreta ai fatti del seguente.

Un ottimo inizio per una serie che ha segnato il fantasy contemporaneo, pescando a piene mani dall’epica.

Tutto in un Bacio

Recensione Tutto in un Bacio di Julia Quinn

Hyacinth è l’ultima sorella di casa Bridgerton a non essere ancora sposata. Forse il suo problema è il carattere molto spigoloso e schietto che allontana tutti i possibili pretendenti. Certo di proposte ne ha avute, ma nessuna a lei degna. Sarà forse lo scapestrato Gareth St. Clair a essere l’unico a tenerle testa?

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Rispetto ai precedenti volumi della serie, insieme a quello dedicato a Benedict (La proposta di un gentiluomo), questa storia è quella che mi convince meno, . C’è molta più passione rispetto ai precedenti libri, cosa che apprezzerei se in alcuni punti Julia Quinn non avesse calcato la mano su quelle, lasciando un poco da parte gli altri aspetti della trama. Un esempio (un po’ spoiler quindi non leggete questo commento e passate al prossimo paragrafo) è la richiesta della mano di Hyacinth da parte di Gareth, rivolta però direttamente a Anthony che la accetta festeggiando subito senza davvero conoscere il futuro genero. Ha già rifiutato altre proposte di matrimonio, ma questa volta non si mette minimamente in discussione se lo faccia o meno per la dote (visto che Gareth ha problemi economici). Mi è sembrato un minimo forzata, piuttosto avrei approfittato della festa dei Bridgerton per introdurlo in famiglia e vedere che venisse accettato dal capofamiglia, piuttosto che dare per scontato che la sua proposta fosse sincera.

Sono troppo pignola? Forse, ma rispetto agli altri ho visto che il focus della storia si sposta troppo sui gioielli e lascia in panchina il resto del mondo intorno ai protagonisti. Sia chiaro bellissima la stoia alle spalle di Gareth, ma per una volta non ho visto la completezza del mondo regency alle spalle dei Bridgerton essere parte della trama.

Siamo ormai agli sgoccioli per questa serie. Manca infatti un ultimo volume e ormai siamo vicinissimi al e vissero tutti felici, contenti e sposati. Un poco mi spiace perché mi ero affezionata a questa numerosa famiglia, infatti mi chiedo che ne sarà di me dopo, quali altri libri potranno accompagnarmi come questi?

La speranza è che Mondadori non abbia timore di cavalcare questa onda positiva di historical romance e porti in formato libreria molti altri classici che ha già nel catalogo edicola.

Recensione La Promessa di Margherita Maria Messina

Recensione La Promessa di Margherita Maria Messina

Al suo ritorno dalle Americhe, Alexander trova tutti gli onori che spettano a un eroe di guerra, ma anche una promessa di matrimonio stipulata da suo padre con Lady Anna Rightwhite. Come lo accoglierà però Anna, dopo tutti questi anni,  e proprio ora che il suo corpo porta i segni della guerra?

Attenzione questo libro è stato offerto da Words Edizioni.

Le premesse della storia sono davvero ottime, ma ci sono diverse cose che non mi hanno permesso di amare totalmente i due protagonisti. Partiamo con il dire che la scelta strutturale della trama è geniale. Non faccio spoiler, ma l’idea di gestire questo “hate to love” fondendo un “second change” è stata un’idea molto intrigante. Quando il lettore si rende conto che tra i due c’è già stato qualcosa, allora bramerà scoprire il loro passato, divorando le pagine..

Quello che invece smorza la struttura sono alcune caratterizzazioni forzate dei protagonisti. Lui tende a essere romantico e possessivo in tempi troppo brevi tra un discorso e l’altro. Mi piace la sua convinzione, ma avrei preferito vederlo conquistare di nuovo Anna fino alla sua capitolazione, piuttosto che puntare al matrimonio per costrizione. Allo stesso modo Anna non combatte veramente per la sua libertà e anzi soccombe all’evidenza.

Infine io avrei giocato molto di più la carta disabilità di Alexander. Siamo in un’epoca dove un uomo nelle sue condizioni avrebbe rischiato di essere sì celebrato come eroe, ma poi lasciato in campagna ad ammuffire. Avrei voluto una Anna che cerca di fargli capire quanto ancora vale, invece di una marina che lo richiama alle armi. È una mia personale opinione quindi non mi sento di segnalarlo, ma non necessariamente come un difetto.

Ho riscontrato alcuni refusi e ripetizioni, per la prima volta ne ho trovato diverse. Magari è colpa della copia staffetta. E’ però anche la prima volta che accade in un loro testo, quindi potrebbe solo essere un’eccezione.

Una storia molto delicata e con l’irruenza delle onde del mare. Ideale per chi cerca un regency diverso dal solito.

La repubblica del drago

Recensione di La repubblica del drago di R. F. Kuang

Rin ha vinto la terza guerra dai papaveri, ma ora è allo sbando, drogata per tenere in qualche modo controllati i sensi di colpa e i suoi poteri. Nulla però le può dare davvero pace. Come se non bastasse è una pedina nelle mani di un nuovo potente, che vuole di nuovo la guerra.

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Partiamo con il dire che questo libro lo boccio completamente. I tempi narrativi sono sbagliati. Rin diventa un pupazzetto e subisce la trama invece che esserne protagonista. Come se non bastasse il tutto rimane piatto.

Il principale problema è che forse segue troppo la storia cinese e lascia pochissimo spazio alla corrente fantasy, la parte più interessante del primo libro. Rispetto al primo volume in cui le situazioni erano minate dai buchi di trama, qui invece l’azione è smorzata da forze maggiori. Ci dovrebbe essere tensione, contrasti, magari anche una crescita dei personaggi. Invece Rin non impara nulla e gli altri personaggi sono relegati mero contorno, inseriti nella narrazione giusto per dare alle vicende un po’ di colore, ma senza troppa convinzione.

Credo che molti dei problemi di questo libro siano appunto da attribuire alla scelta strategica dello scrittore di dare spazio alla rielaborazione della storia cinese, lasciando però in secondo piano quanto costruito nel primo volume. Proprio per questo non riesco a pensare che sia davvero il seguito meritato per quanto letto nella Guerra dei papaveri. Mi sono anche interrogata più volte se valesse la pena andare avanti e, sinceramente, non so se voglio davvero finire questa trilogia. Sapete che sono una che piuttosto si annoia e legge le saghe complete per poterle recensire, ma ultimamente credo che alcuni libri non meritino proprio il mio tempo. A volte è meglio fermarsi al salvabile. Quindi non credo leggerò il terzo libro di questa trilogia. Un peccato perché le basi per una buona serie c’erano tutte.