La gemma di Ceylon

Recensione La gemma di Ceylon di Amalia Frontali

Dido Monica Monkford sembra ormai condannata a rimanere zitella, se non fosse che la famiglia decide di predisporre un accordo di matrimonio a distanza, a Ceylon, nelle colonie orientali: qualcuno sembra volerla come sposa. Peccato che al suo arrivo, dopo tre settimane di navigazione, il suo promesso sia ormai morto. A lei rimangono solo sei mesi per trovarsi marito, o dovrà tornarsene in Inghilterra.

Tranne per un paio di volumi, ormai ho letto quasi tutto di Amalia Frontali. Avevo la copia digitale di questo, ma ho anche recuperato la splendida edizione cartacea che fa pendant con “La chioma di Berenice” perché, è inutile dirlo, amo moltissimo questa autrice, tanto da avere uno scaffale interamente dedicato a lei. Ora basta però con i convenevoli, parliamo di questa opera che è tra le sue prime produzioni.

Lo stile è ancora un poco acerbo ma ha la finezza della ricerca storica e la creazione di una trama che non vada in contrasto con l’epoca. La sapiente penna, che poi arriverà a lavorare su titoli meglio strutturati, c’è però già tutta. Dai piccoli dettagli e le note storiche, si sente che non è solo una romanzo in abiti d’epoca e con tazze raffinate. Insomma scordatevi gli anacronismi alla Bridgerton. Qui perfino i passi di danza descritti potrebbero essere verificati e confermare la sua correttezza temporale. Questo differenzia i libri di Amalia dai romanzi fantasy-storici: perfino i soprammobili sono accurati!

Bando alle ciance, veniamo al contenuto letterario. Come anticipavo è uno dei suoi libri più “giovani” e “precoci”, non lo si può negare. Nella parte centrale ho faticato un poco a trovare la spinta giusta per continuare la sua lettura. Il problema a mio dire è che, l’autrice semina molto bene alcuni elementi di trama, ma toglie al lettore i momenti di tensione che irrompono tutti insieme sul finale. Un peccato perché Ceylon (la moderna Sri Lanka) è sì una location molto romantica e selvaggia, ma a volte diventa troppo invadente, distogliendo l’attenzione del lettore dai dettagli che Amalia colloca sapientemente qua e là, pezzi che poi comporranno un complesso mosaico che apparirà nella sua interezza solo a fine libro.

Ideale per chi cerca un Regency vero e autentico al 100%, con una punta di esoticità insolita per il genere ma che, fidatevi, vi incanterà.

L'estate che ho dentro

Recensione L’estate che ho dentro di Viviana Maccarini

Nina è rimasta irrimediabilmente sfregiata in volto a causa di un incidente in motorino. La scuola è finita e, per evitare che qualcuno scopra quello che è successo, scappa a vivere da suo padre Gabriel.

Partiamo con il dire che questo volume non è brutto, però lo trovo molto discutibile. Sia chiaro, l’autrice sa scrivere, ma la storia per me presenta parecchi punti lasciati un po’ troppo al caso. Il primo è proprio l’incidente in motorino, dove la protagonista dovrebbe perdere il volto a causa dell’asfalto su cui è scivolata. Ora, anche nella migliore delle ipotesi trovo che sia una ferita poco credibile. Mi domando se non portasse il casco (per esempio) ma in ogni caso, non essendo dato spazio a come sia davvero successo il fatto, che tutto il suo volto sia segnato e non ci siano danni alle labbra e agli occhi mi sembra uno scenario assolutamente improbabile. Un peccato però perché mi ha lasciato piuttosto spiazzata, soprattutto dal fatto che in un primo momento pensavo che fosse solo una parte del volto di Nina a essere sfigurato, ma è chiaro invece che lo sia tutto. Poi, mani e braccia, non abbiano segni… forse si poteva costruire meglio questo primo elemento (che è la base di tutto il libro).

Voglio però abbonare questa ingenuità narrativa, e mi soffermo a complimentarmi dell’idea dietro la parte più giovane del testo: mi riferisco all’integrazione dei social e della body positive dietro al percorso di accettazione di Nina. Lo so, ultimamente alcune grandi case editrici stanno mungendo su questa realtà facendola anche inserire come parte integrante nei romanzi, a volte è una paraculata assurda per trasmettere “giovanitudine” in un testo, ma in questo devo ammettere che si sposa bene con il percorso di Nina.

Ho apprezzato un po’ meno la scelta di buttarci dentro in maniera semplicistica il mondo degli influencer. Si poteva anche in questo caso strutturare meglio la storia di Jasmine Elle, l’influencer che tanto ammira Nina, la cui comparsa non è abbastanza sviluppata.

Infine anche la conclusione non è delle migliori. Il rapporto con gli amici (vecchi e nuovi) viene risolto in maniera didascalica, quasi sembrasse un “deve andare a finire così, punto”, quando invece si poteva giocare meglio con i personaggi. Lo stesso Leonardo, che ha un ruolo inizialmente di antagonista, poteva mostrarsi meglio come persona che ha sbagliato, ma che nel suo piccolo ha anche grandi problemi, Invece no, si risolve tutto con grande fretta.

Non mi piace stroncare i libri, ed è un peccato che questo volume avesse tutte le carte in regola: una buona idea di base, una fantastica penna (perché la si divora di pagina in pagina), il tutto abbandonato a un po’ di disattenzione semplicistica. Peccato davvero. Doveva essere una bella storia d’estate e crescita, ma non riesco proprio ad accettare che si sia rivelata come l’ennesimo libro con le buone premesse, ma che non è riuscito ad emergere.

Social-democrazia

Recensione Social-democrazia di Stefano Tevini

Basta un’immagine Gif sbagliata in allegato ad un post per rischiare la vita. Ecco che i likes altro non sono che i voti per determinare se sarai o meno condannato a morte. E quando quel numero conferma la tua condanna, non puoi fare altro che scappare oppure ucciderti.

Attenzione, questo libro è stato offerto da Stefano Tevini.

Tornano le atmosfere Teviniane, torna la forte critica sociale. Insomma Social-democrazia è un racconto che ha tutto per diventare quasi un romanzo. Non mancano pagine, non ce ne sono in eccesso, eppure di un mondo così avrei letto ancora.

Il dito puntato contro il mondo dei social media, soprattutto allo shaming on line. La stucchevole pratica che, attraverso epiteti sui propri profili on line, sfocia in autentiche gogne mediatiche, fino a scatenare (direttamente o indirettamente) i propri follower a fare azioni di hating (odio) in branco nei confronti dei malcapitati. Ho provato questa esperienza, e devo dire che trovarsi insultati e giudicati da centinaia di persone che nemmeno hanno idea di tu chi sia, è umiliante, frustrante e si arriva al punto di desiderare di sparire. Anche fisicamente. Certo qui la tematica è estremizzata, eppure non si può negare come l’impatto del bullismo digitale possa rovinare la tranquillità del quotidiano: ci si sente condannati a morte allo stesso modo del protagonista di Social-democrazia. Si vuole soltanto scappare e in qualche modo sopravvivere.

Un racconto breve ma che come sempre parla delle tematiche outsider care allo scrittore. Come sempre il lato B del mondo è schiaffato nelle sue pagine e mostrato senza alcun tipo di censura; la violenza e l’odio non vengono centellinati, a continuo monito che là fuori esistono davvero delle persone in ombra, la cui scomparsa resta parcheggiata nel dimenticatoio del mondo.

Una lettura sadica, potente, come solo questo autore riesce a mettere su carta (o in questo caso su e-book); una lettura da gustare tutta, con la sua amarezza, come le immagini crude di una periferia malfamata che scorre fuori dal finestrino del nostro autobus, da cui la guardiamo in totale sicurezza perché sappiamo benissimo che, se dovesse essere la nostra fermata, non saremmo in grado di sopravviverci.

Recensione Spin the Dawn di Elizabeth Lim

Recensione Spin the Dawn di Elizabeth Lim

Maia aveva una famiglia felice, ma la morte di sua madre e la guerra le hanno tolto tutto. Il suo talento con ago e filo non ha però paragone e, grazie all’inventiva, ha fatto di tutto per sopravvivere alla povertà. Quando suo padre viene convocato dall’imperatore, sente che è il suo momento. Ma lei è solo una donna.

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Lo confesso, sono partita con aspettative davvero molto basse e per fortuna questo volume si è rivelato superiore rispetto a quanto mi aspettassi. Diciamo che le prime pagine avevano un sentore di “Mulan sartoriale”, ma per fortuna si è presto risollevato.

Partiamo con il dire che la costruzione del mondo è stata ben gestita. Questo volume è davvero ben strutturato e i fugaci dubbi vengono sempre sanati con delle spiegazioni coerenti. Insomma super promosso (invece il seguito… ma ne parleremo poi).

La protagonista Maia è, volendo, un personaggio molto godibile e semmai è l’ennesimo immortale con millemila anni che poi si comporta da adolescente che rimprovero un poco. Sto parlando di Edan, lo stregone al servizio dell’Imperatore che però, come da migliore young adult, mi veste i panni della controparte maschile a cui la protagonista (spoiler) potrebbe voler cedere il cuore. Ecco, questo è stato un piccolo scivolone. Avrei preferito un uomo adulto pronto a fare anche qualcosa di sporco per evitare che la sua amata pagasse il prezzo della sua schiavitù, piuttosto che l’ennesima eroina che salva il mondo, salva la cheerleader (ops cliché sbagliato?)

Scherzi a parte anche il viaggio dell’eroe dietro alle vicende dei protagonisti è abbastanza standard ma è molto godibile, forse anche per la cura della costruzione dei paesaggi e delle prove alle loro spalle.

Onestamente sono rimasta molto colpita, alla sua fine non ero pienamente soddisfatta ma lo avrei consigliato a tutti senza problemi… però ho cambiato idea con il secondo volume, ma ne parleremo nella recensione del secondo libro.

Il principe degli sciacalli

Recensione Il principe degli sciacalli di Rebecca Moro

Nell’impero di Mnar l’invasione degli uomini bestia, chiamati sciacalli, fa crollare il quadrante nordest condannando i suoi abitanti all’oblio. Per fortuna il principe Raven compie un atto di Devozione offrendosi come loro schiavo e cedendo le sorelle ai nuovi arrivati. Sembra la fine di tutto, ma in realtà è l’inizio di sconvolgenti cambiamenti e tremendi tradimenti.

Attenzione il libro è stato offerto dall’autrice, Rebecca Moro.

Si capisce subito dalle prime pagine che questo volume rispecchia lo stile e la forma di un epic fantasy, quello che invece sorprende è che non è il solito romanzo fantasy. Parto con il dire questo perché, se cercate un fantasy acqua e sapone, questo non è il libro che fa per voi. Qui si sente il sapore più puro di questo genere e dei suoi grandi maestri come Tolkien, Martin, ma contemporaneamente non è quello che vi aspettereste leggendo questi due maestri. Esatto, c’è qualcosa di diverso, di insolito, di anticonformista ma allo stesso tempo coerente con l’ambientazione fantasy e il mondo creato dall’autrice. Forse è più giusto definirlo un “Weird Epic Fantasy” perché non può semplicemente stare con i grandi maestri del passato, ha bisogno di una collocazione diversa.

Partiamo dalla scelta di creare dei personaggi bruti e violenti che poi assumono tutta una loro importanza nella storia, opzione abbastanza interessante perché si è più propensi ad accettare, man mano che la storia evolve, un nemico umano piuttosto che un usurpatore mostruoso che stupra. E anche su quest’ultimo punto (che ho visto criticato) mi sento di spezzare una lancia sulle scelte dei personaggi. E’ un libro che vive attraverso i tempi che racconta, non con gli occhi di noi uomini o donne dell’epoca moderna. Trovo che riadattare i comportamenti, e soprattutto le psicologie dei personaggi al loro contesto, sia più coerente che condannare scelte che appaiono prive di morale.

Gli intrighi dietro alla temibile invasione si rivelano una colonna solida che porta avanti la storia e appassiona il lettore. I personaggi, oltre a Raven, sono ben caratterizzati. Per Sarissa, e la stessa Ioni (sorelle di Raven), ci sono descrizioni che potrebbero sembrare fine a se stesse ma che arrivano a delineare i protagonisti e chi li circonda. Una scelta che potrebbe sembrare appesantire il romanzo e che invece, a mio parere, rende la storia più ricca e vivida. I punti di vista, nonostante si alternino, non annoiano e non staccano troppo l’uno dall’altro (anche se io avrei voluto leggere di più di Sarissa e Ioni, e infatti confido che il secondo volume sia più rivolto a loro), anzi spingono la storia avanti di capitolo in capitolo.

Un libro ricco che, benché conti meno di quattrocento pagine, si divora e culla il lettore che ha bisogno di un Fantasy ben scritto. Dedicato agli amanti dei grandi maestri o che cercano avventura, sangue, intrighi. Sconsigliato a chi cerca una lettura veloce e facile o che sia una fotocopia/riassunto del genere.

Inutile dire che non vedo l’ora di iniziare il secondo volume.

I figli di Darwin

Recensione I figli di Darwin di Giulia Esse

Qualcosa sta cambiando a Londra. Alla Royal Society lo spirito creazionista sembra voler sopprimere le idee evoluzionistiche Darwiniane. Come se già questo non bastasse, misteriosi suicidi di massa sconvolgono la città; la chiave di tutto sembra essere nelle mani di Demetrius: un inventore le cui idee non sono considerate molto dal mondo scientifico, un uomo che preferisce non affrontare i problemi.

Attenzione questo volume è stato offerto da Plesio Editore.

Parto con il dire che questo volume è una lettura che ingrana dopo parecchi capitoli. C’è voluto un po’ perché il mondo complesso mi apparisse chiaro. I personaggi che abitano questa storia sono molti e entrare in empatia con tutti è complesso. Alcuni capitoli interrompono gli eventi degli altri, struttura narrativa geniale e ben gestita, ma che io poco apprezzo. Eppure, una volta entrata in sintonia con i vari protagonisti, è stato un attimo riuscire anche a gustare a pieno regime la storia.

Non è una storia che si può riassumere in poche parole, così anche i personaggi sono tanti e belli proprio per la loro complessità: la bravura dell’autrice riesce a dipingere pian piano ognuno, fino ad arrivare alla parola fine quasi con dispiacere perché ci si era affezionati. E lo dico chiaramente, si vorrebbe leggere molto altro, o semplicemente si vorrebbe tornare indietro nei capitoli e sperare di trovare molto altro.

L’ambientazione steampunk è inizialmente molto soft, non facendo cadere questo volume nello stereotipo di un mondo fatto di vapore e rotelle ovunque. Anzi di diversi riferimenti storici contenuti nel volume (come l’ampio approfondimento ai preraffaeliti, nonché il citare Effie Gray, personaggio legato al movimento e poco conosciuto se non a chi ha studiato bene arte) lo portano a mostrarsi per una lettura che è molto più complessa delle immagini che richiama il genere. Lo stile dell’autrice è parecchio ricercato e i dialoghi hanno un sapore ottocentesco, a completamento dell’ambientazione steampunk.

La scelta di inserire diversi personaggi poi lo rende ideale per chi apprezza non solo il genere, ma anche per chi magari in un primo momento non riesce a creare empatia con il protagonista principale. Per esempio io mi sono fissata moltissimo sulla linea narrativa di Erza Walton e Gràinne Lynch, due personaggi secondari, di cui leggerei volentieri un volume a loro dedicato. I personaggi secondari hanno a volte la forza di togliere la scena a Demetrius e lo fanno in un modo tale che si rimane incollati alle pagine.

Una lettura consigliata a chi apprezza il fantastico storico, ovviamente lo steampunk, ma soprattutto a chi è alla ricerca di un’avventura unica nel suo genere.

Il vero amore esiste

Recensione Il vero amore esiste di Julia Quinn

Gregory Bridgerton è l’ultimo scapolo di famiglia, non ha fretta, è sicuro che l’amore esista e da qualche parte ci sia la donna giusta per lui. Peccato che, galeotta fu quella nuca, Lady Hermione è già innamorata e, per quanto Lady Lucinda gli stia dando una mano per conquistarla, sembra chiaro che il loro amore non avrà un futuro.

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

L’ultimo fratello della famiglia Bridgerton chiude con il botto questa serie di otto volumi. Il penultimo libro non mi aveva conquistato, invece qui Julia Quinn dimostra di avere di nuovo le capacità per intrigare il lettore e riuscire a tenerlo incollato alle sue pagine. Partiamo con il dire che questo libro, oltre a chiudere la serie, propone una storia molto diversa dalle precedenti: abbiamo un amore con corrisposto, un protagonista che non capisce davvero i suoi sentimenti e soprattutto abbiamo intrighi e ricatti. La tensione rimane altissima fino alle ultime pagine che sono una corsa contro il tempo. Inoltre abbiamo l’intrigante scelta dell’autrice di mettere in gioco due diverse possibili candidate al ruolo di possibile amata per il povero Gregory.

Insomma questo libro chiude con degli autentici fuochi d’artificio la serie e lascia orfane noi lettrici che ora dovremo trovare un’altra serie come questa per accompagnare la nostra estate. Analizzando, a fine dell’intera serie, i volumi, devo confessarvi che il mio preferito resta il volume su Francesca (Amare un libertino) per le tematiche legate alla maternità e al lutto, in seconda istanza abbiamo Anthony (Il visconte che mi amava) e quello più fuori dagli schemi di Eloise (A Sir Philip, con amore).

Julia Quinn si è rivelata una autentica maestra del genere Historical Romance e sono certa che la si potrà apprezzare anche nelle altre serie di romanzi da lei scritta. La speranza è che l’ondata Bridgerton porti in libreria questo genere che di solito è relegato all’edicola in edizioni molto economiche, ideali per essere letture da ombrellone, ma che a mio parere possono dignitosamente occupare lo spazio delle libreria di noi lettrici romantiche in un formato più ricercato.

Fumo negli occhi e altre avventure dal crematorio

Recensione Fumo negli occhi e altre avventure dal crematorio di Caitlin Doughty

Il rapporto che l’essere umano ha nei confronti della morte è solitamente dettato dalla paura: non sappiamo cosa ci attende dopo, come sarà e quando avverrà. Per questo affrontare la morte come una professione può far storcere il naso a chi vive ogni giorno relegandola a un evento che non lo toccherà mai, o comunque “not today”, come direbbe Arya Stark. Caitlin ha però un rapporto difficile con la morte ed è proprio passando le sue giornate con i cadaveri che imparerà a convivere con essa.

Attenzione questo libro è stato offerto da Carbonio Editore.

Vi svelo un piccolo segreto. Nel mio piccolo anche io lavoro con i morti. La mia professione a tempo pieno è quello di gestire le spedizioni di aziende italiane verso varie parti del mondo, ma tra questo che ne sono anche alcune davvero particolari: il rimpatrio di salme. Per quanto non possiate capirlo è la parte più bella e unica del mio lavoro. Il mio rapporto con la morte non è semplicemente lavorativo, lo confesso, è una questione morbosa che ha un’origine complicata e molto diversa da quella che porterà l’autrice di questo libro a lavorare in un crematorio. Eppure in lei mi riconosco.

La morte è un tabù. Eppure Caitlin, protagonista e autrice di quello che trovo sia una via di mezzo tra un saggio e un romanzo, racconta bene come, entrarci in contatto per lavoro, dia grandi possibilità per conoscere la natura umana, fornendo alcuni approfondimenti davvero ben studiati per raccontare l’evoluzione della morte nelle culture. Quando si lavora con la morte si conoscono più persone di quanto si potrebbe pensare. L’ultima strada di corpi ormai vuoti che sanno raccontare e far vivere nuovi momenti, non solo alla protagonista ma anche al lettore. Forse è per questo che chi non ne è mai entrato in contatto, se non attraverso il lutto, non può capire quanto si possa imparare da una salma.

Nasciamo con un’unica via diretta verso la morte. Che sia lontana o meno, quella è la direzione che tutti intraprendiamo. Eppure parlarne, prepararsi o anche solo celebrarla, è ancora molto difficile anche oggi che siamo nel 2021 e stiamo cercando di lasciarci alle spalle una pandemia che in qualche modo ha toccato le nostre vite e ci ha privato anche di alcune persone. Non so come spiegare quanto sia importante accettare l’inevitabile, e allo stesso modo imparare a sopravvivere alla paura dettata dal fatto che in qualsiasi momento si potrebbe morire. Di certo tra queste pagine potrete vedere con attenzione tutti quegli aspetti fumosi che si nascondono dietro il nostro preferire l’ignoranza, perché le risposte comunque non ci allontanano dalla realtà che moriremo comunque. Eppure arrivare preparati al nostro ultimo saluto al mondo potrebbe aiutare noi stessi, ma anche la nostra famiglia.

Un “must have” per tutti coloro che passeggiano nei cimiteri e ci vedono arte e mille storie intrappolate nella pietra dei monumenti, a chi la morte non spaventa e anche per chi ne è terrorizzato. Ideale per i curiosi, per coloro che hanno bisogno di leggere qualcosa di davvero unico e particolare.

Re in Eterno (seconda parte)

Recensione Serie Re in Eterno (seconda parte) di T.H. White

Ci siamo lasciati alle spalle le prime vere avventure di Re Artù e si riparte leggendo la storia di Lancillotto, arrivando alla fine di questa serie con la caduta del regno di Camelot.

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Si ritorna tra le pagine di White che, con il suo uso dell’anacronismo, rende molto dinamica la narrazione di un testo che a mio parere è invecchiato malissimo. Come già dicevo nell’analisi dei primi due volumi, si sentono gli anni che gravano sulle sue spalle . Lo si percepisce sempre di più che ci si allontana dalla trama de “La spada nella roccia”. I temi si fanno sempre più maturi, sfociando nella complessità del dialogo tra Merlino e Artù dell’ultimo libro.

La visione di White del ciclo arturiano non è votata a dargli semplicemente un nuovo e simpatico modo di essere narrata, bensì trasforma i toni in tragedia. Quasi volesse accompagnare i lettori verso nuove riflessioni, si fa sempre più serio e votato alla filosofia. Non mi aspettavo un declino tragico della storia perché, sebbene conosca abbastanza il ciclo arturiano, i primi due libri non lasciavano intuire che l’autore volesse dare così tanto spazio alle diverse metafore sociali che introduce in ogni volume.

Si sente moltissimo la sua età ma anche il contesto storico in cui è stato scritto, tra la fine degli anni ’30 e metà degli anni ’40, un periodo che per gli Inglesi, come per l’autore, fu tutt’altro che una passeggiata. In particolare l’ultimo libro (che anche nelle versioni inglesi non è sempre pubblicato con i primi quattro) riesco a sentire la forte critica contro il genere umano che in quegli anni stava distruggendo il mondo per degli ideali di superiorità.

Arrivare alla fine di questi cinque libri non credo sia un’impresa per tutti: non è una di quelle letture da ombrellone, nemmeno una di quelle didattiche, ma credo non possa essere semplicemente letto come “versione moderna del mito di Re Artù”; la nuova dimensione data da White chiede davvero tutta l’attenzione del lettore per capire e apprezzare la complessità di una storia che cerca di educare. White, incarnando un moderno Merlino, ci ha dato un volume che vuole insegnarci qualcosa, ma questa lezione non sarà una versione canterina o divertente. Lo fa chiedendoci uno sforzo, e al giorno d’oggi non so in quanti siano disposti a fare questo passo.