Re in Eterno

Recensione Serie Re in Eterno (prima parte) di T.H. White

Cosa succede quando un ragazzo senza natali incontra un mago stravagante che ha la testa proiettata nel futuro? E se questo ragazzo altro non fosse che il predestinato a diventare Re Artù?

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Ok lo confesso ho voluto leggere questo libro a causa degli X-Men. Non so quanti sappiano che oltre ad apparire nel secondo film, questo sia un testo molto citato nei fumetti. Nonostante io mal sopporti il ciclo arturiano (storia lunghissima, non è colpa mia e nemmeno di Artù, è che abbiamo una relazione complicata) ho voluto mettermi alla prova.

Parto con il dire che per metà del primo libro si è rivelata una lettura piuttosto interessante e scorrevole, poi credo mi sia impantanata nelle avventure che Wart affronta e durante le quali impara le prime morali del suo precettore magico.

Si sente come questo testo abbia ispirato la Disney, ma devo confessare che il Merlino del libro mi ha ricordato di più il Radagast cinematografico. Questo è stato stranissimo (perché quello del libro me lo ero figurato molto diversamente); ho sentito la mancanza degli anacronismi che a volte c’erano, in altri momenti scomparivano. Per esempio quando scappa in vacanza (e lo fa anche nel libro) la scena non è così ben espressa come quella disneyana. La cosa curiosa è che il personaggio di Kay non è un ragazzone stupido, ma anzi è un suo coetaneo che si dimostra un personaggio piuttosto interessante.

Molte colleghe leggendolo hanno sostenuto che lo stile fosse un poco vecchiotto. Del resto si tratta di una saga scritta alla fine degli anni ’30, e la copia staffetta che ci hanno inviato non rende giustizia (essendo piena di sviste e maiuscole mancanti), ma nel suo insieme è ben scritto e le pagine a volte scorrono bene. Il problema è che i tempi narrativi sono un poco estremizzati, non bastano uno o due espedienti per tramettere a Wart gli insegnamenti. Merlino invece fa vivere diverse avventure proprio per permettere al protagonista di comprendere la complessità della giustizia.

Nel secondo libro invece la situazione evolve e anche i toni sono meno giocosi e spensierati. Rispetto al primo si sente una crescita non solo nel personaggio ma anche nel target di lettori: si passa da una lettura per giovani a qualcosa di più profondo (cosa che accadrà anche nei successivi libri) e ci si rende conto che ogni elemento superficiale nel precedente, inizia a dare una forma concreta ai fatti del seguente.

Un ottimo inizio per una serie che ha segnato il fantasy contemporaneo, pescando a piene mani dall’epica.

Tutto in un Bacio

Recensione Tutto in un Bacio di Julia Quinn

Hyacinth è l’ultima sorella di casa Bridgerton a non essere ancora sposata. Forse il suo problema è il carattere molto spigoloso e schietto che allontana tutti i possibili pretendenti. Certo di proposte ne ha avute, ma nessuna a lei degna. Sarà forse lo scapestrato Gareth St. Clair a essere l’unico a tenerle testa?

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Rispetto ai precedenti volumi della serie, insieme a quello dedicato a Benedict (La proposta di un gentiluomo), questa storia è quella che mi convince meno, . C’è molta più passione rispetto ai precedenti libri, cosa che apprezzerei se in alcuni punti Julia Quinn non avesse calcato la mano su quelle, lasciando un poco da parte gli altri aspetti della trama. Un esempio (un po’ spoiler quindi non leggete questo commento e passate al prossimo paragrafo) è la richiesta della mano di Hyacinth da parte di Gareth, rivolta però direttamente a Anthony che la accetta festeggiando subito senza davvero conoscere il futuro genero. Ha già rifiutato altre proposte di matrimonio, ma questa volta non si mette minimamente in discussione se lo faccia o meno per la dote (visto che Gareth ha problemi economici). Mi è sembrato un minimo forzata, piuttosto avrei approfittato della festa dei Bridgerton per introdurlo in famiglia e vedere che venisse accettato dal capofamiglia, piuttosto che dare per scontato che la sua proposta fosse sincera.

Sono troppo pignola? Forse, ma rispetto agli altri ho visto che il focus della storia si sposta troppo sui gioielli e lascia in panchina il resto del mondo intorno ai protagonisti. Sia chiaro bellissima la stoia alle spalle di Gareth, ma per una volta non ho visto la completezza del mondo regency alle spalle dei Bridgerton essere parte della trama.

Siamo ormai agli sgoccioli per questa serie. Manca infatti un ultimo volume e ormai siamo vicinissimi al e vissero tutti felici, contenti e sposati. Un poco mi spiace perché mi ero affezionata a questa numerosa famiglia, infatti mi chiedo che ne sarà di me dopo, quali altri libri potranno accompagnarmi come questi?

La speranza è che Mondadori non abbia timore di cavalcare questa onda positiva di historical romance e porti in formato libreria molti altri classici che ha già nel catalogo edicola.

Recensione La Promessa di Margherita Maria Messina

Recensione La Promessa di Margherita Maria Messina

Al suo ritorno dalle Americhe, Alexander trova tutti gli onori che spettano a un eroe di guerra, ma anche una promessa di matrimonio stipulata da suo padre con Lady Anna Rightwhite. Come lo accoglierà però Anna, dopo tutti questi anni,  e proprio ora che il suo corpo porta i segni della guerra?

Attenzione questo libro è stato offerto da Words Edizioni.

Le premesse della storia sono davvero ottime, ma ci sono diverse cose che non mi hanno permesso di amare totalmente i due protagonisti. Partiamo con il dire che la scelta strutturale della trama è geniale. Non faccio spoiler, ma l’idea di gestire questo “hate to love” fondendo un “second change” è stata un’idea molto intrigante. Quando il lettore si rende conto che tra i due c’è già stato qualcosa, allora bramerà scoprire il loro passato, divorando le pagine..

Quello che invece smorza la struttura sono alcune caratterizzazioni forzate dei protagonisti. Lui tende a essere romantico e possessivo in tempi troppo brevi tra un discorso e l’altro. Mi piace la sua convinzione, ma avrei preferito vederlo conquistare di nuovo Anna fino alla sua capitolazione, piuttosto che puntare al matrimonio per costrizione. Allo stesso modo Anna non combatte veramente per la sua libertà e anzi soccombe all’evidenza.

Infine io avrei giocato molto di più la carta disabilità di Alexander. Siamo in un’epoca dove un uomo nelle sue condizioni avrebbe rischiato di essere sì celebrato come eroe, ma poi lasciato in campagna ad ammuffire. Avrei voluto una Anna che cerca di fargli capire quanto ancora vale, invece di una marina che lo richiama alle armi. È una mia personale opinione quindi non mi sento di segnalarlo, ma non necessariamente come un difetto.

Ho riscontrato alcuni refusi e ripetizioni, per la prima volta ne ho trovato diverse. Magari è colpa della copia staffetta. E’ però anche la prima volta che accade in un loro testo, quindi potrebbe solo essere un’eccezione.

Una storia molto delicata e con l’irruenza delle onde del mare. Ideale per chi cerca un regency diverso dal solito.

La repubblica del drago

Recensione di La repubblica del drago di R. F. Kuang

Rin ha vinto la terza guerra dai papaveri, ma ora è allo sbando, drogata per tenere in qualche modo controllati i sensi di colpa e i suoi poteri. Nulla però le può dare davvero pace. Come se non bastasse è una pedina nelle mani di un nuovo potente, che vuole di nuovo la guerra.

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Partiamo con il dire che questo libro lo boccio completamente. I tempi narrativi sono sbagliati. Rin diventa un pupazzetto e subisce la trama invece che esserne protagonista. Come se non bastasse il tutto rimane piatto.

Il principale problema è che forse segue troppo la storia cinese e lascia pochissimo spazio alla corrente fantasy, la parte più interessante del primo libro. Rispetto al primo volume in cui le situazioni erano minate dai buchi di trama, qui invece l’azione è smorzata da forze maggiori. Ci dovrebbe essere tensione, contrasti, magari anche una crescita dei personaggi. Invece Rin non impara nulla e gli altri personaggi sono relegati mero contorno, inseriti nella narrazione giusto per dare alle vicende un po’ di colore, ma senza troppa convinzione.

Credo che molti dei problemi di questo libro siano appunto da attribuire alla scelta strategica dello scrittore di dare spazio alla rielaborazione della storia cinese, lasciando però in secondo piano quanto costruito nel primo volume. Proprio per questo non riesco a pensare che sia davvero il seguito meritato per quanto letto nella Guerra dei papaveri. Mi sono anche interrogata più volte se valesse la pena andare avanti e, sinceramente, non so se voglio davvero finire questa trilogia. Sapete che sono una che piuttosto si annoia e legge le saghe complete per poterle recensire, ma ultimamente credo che alcuni libri non meritino proprio il mio tempo. A volte è meglio fermarsi al salvabile. Quindi non credo leggerò il terzo libro di questa trilogia. Un peccato perché le basi per una buona serie c’erano tutte.

Le api di Waterloo

Recensione Le api di Waterloo di Giulia de Martin

Phédre ama la botanica tanto da avere anche delle arnie dove custodisce le api fondamentali per far prosperare la sua serra. Un amore che continuerà a coltivare anche una volta diventata Marchesa di Northampton. Ma la guerra le porterà via tutto.

Attenzione questo libro è stato offerto da Words Edizioni.

È palese che l’autrice conosca la storia, anche se a volte forza la mano con alcuni piccoli elementi anacronistici o inconcepibili per l’epoca (come ad esempio il lutto non proprio rispettato). Se si sorvola su questi dettagli la trama è davvero eccellente, la struttura infatti è solida c’è però troppo poco show don’t tell. Questo romanzo poteva tranquillamente diventare una trilogia. C’è davvero molta carne sul fuoco e a volte mi è spiaciuto che fosse relegata al racconto della protagonista. Per esempio avrei voluto vederle subire il comportamento della suocera, o ancora i contrasti con Lady Coventry che potevano mettere molto pepe alla storia. Sono stati a mio parere lasciati troppo in un angolo. Forse sarà un’opinione personale, ma avrei voluto di più. Molto di più. Perché mi spiace non sia riuscita a entrare abbastanza nella storia.

I personaggi sono ben costruiti ed è spiacevole che alcuni siano finiti in secondo piano dopo non molto. Per esempio la sorella di Phédre, ma come ho già ribadito avrei letto molto di più su tutti, perché sono figure ben piazzate sulla scacchiera della storia.

Amo le protagoniste che devono affrontare le difficoltà, infatti consiglio questo libro a chi cerca un’eroina che nonostante le dure prove della vita è sempre pronta a rialzarsi; a questo aggiungete poi i continui colpi di scena e vi garantisco farete fatica ad abbandonare le sue pagine fino a quando non avrete letto la parola fine.

Ideale per chi cerca una lettura veloce e allo stesso tempo emozionante, ideale per affrontare i giorni di primavera, come anche per chi lo leggerà davanti a un caminetto: avrete modo di sentire il profumo dei fiori e il ronzare delle api.

Tramonto a Oriente

Recensione Tramonto a Oriente di Federico Galdi

Minako ha vissuto sulla propria pelle un rapimento che l’ha disonorata. Questo porterà la sua famiglia a combattere una guerra e, lei e la sua dragonessa, a doversi rinchiudere in un monastero. Non ci sarà pace per lei perché, anche all’epilogo del conflitto, il suo passato tornerà a bussare alla sua porta, tornando a essere la promessa sposa di uno sconosciuto.

Attenzione questo volume è stato offerto da Plesio Editore.

Come vi racconto questo libro? Perfino scrivere la parte introduttiva della trama è stato difficile. Il motivo è presto detto: questo è un libro che, per quanto conti poco meno di trecento pagine, ha una struttura e un wordbuilding degno di mille pagine, difficilmente riassumibile in poche righe. Andiamo però con ordine: questo è un fantasy con una chiara ispirazione nipponica. Per quanto non sia palese che ci troviamo proprio in Giappone, Wa è chiaramente una sua rielaborazione in chiave fantastica (e ho anche riconosciuto la parte Indiana dei popoli più a occidente, una vera chicca). Vabbè non è una novità direte voi, tutti quei kimono, quegli Yokai si trovano anche altrove. Perché allora sono riuscita ad amare così tanto questo libro?

La risposta non è ovvia. Sarebbe facile per me dirvi che mi sono innamorata dai protagonisti, che ho sognato possibili love story, ma la realtà è che dietro c’è una sapiente cura dello scrittore: è un libro scritto bene, un volume di cui leggerei un possibile seguito ma che non ha bisogno di altro. Questo libro sorge e tramonta, senza fronzoli o eccessi. Questo libro incanta, appassiona e spinge il lettore a vivere tra le sue pagine.

I draghi. Ecco l’unica cosa che mi ha lasciato un attimo perplessa erano appunto questi maestosi destrieri che un incanto ha domato e reso animali da combattimento. Questa scelta appare come una visione molto più occidentale, ma è una mia personalissima opinione, perché forse ho preso con poca convinzione l’origine dell’incanto nelle prime pagine che, una volta palesato nel finale, chiude il cerchio e fa capire al lettore la genialità dell’autore.

I personaggi non sono scontati. Per quanto a volte si teme di aver capito le loro azioni ci si ritrova sorpresi, in balia del loro vivere. Vi giuro che il finale è spiazzante. Sono rimasta a fissare la pagina perché mi sarei aspettata di tutto, ma non quello che è successo.

Insomma una lettura ideale per chi legge fantasy, super consigliato agli otaku, a chi cerca una avventura, emozioni e un mondo in cui si vorrebbe scappare.

Amare un libertino

Recensione Amare un libertino di Julia Quinn

Michael Stirling è follemente innamorato di Francesca Bridgerton. Peccato che lei sia la moglie di suo cugino che è quasi un fratello per lui, quindi si consola dedicandosi a corteggiare quante più dame può. Quando però diviene vedova Michael è sconvolto. Non può sperare di poter sposare Francesca.

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Juilia Quinn devo confessarvi migliora di libro in libro. Ormai pensavo di amare Eloise e Phillip, quando invece sono arrivati a gamba tesa Michael e Francesca: è diventata subito la mia nuova coppia preferita.

C’è però un punto da tenere in considerazione, questo volume più degli altri racconta anche la sofferenza della vedovanza e della non possibilità di avere un figlio. Più che legarmi alla passione dei personaggi, ho sentito quanto Francesca desiderasse un figlio e ringrazio il fatto che il secondo epilogo, sebbene con uno spoiler, avesse un finale felice per lei.

Altro punto che mi ha fatto sognare è la Scozia e le sue piogge. Benedetti siano i temporali che costringono a correre sotto la pioggia in cerca di un riparo di fortuna, ritrovandosi sotti capanni gentilmente offerti dai giardinieri. Inoltre la psicologia dei personaggi è ben delineata e in questo modo ci si trova a vederli evolvere in maniera coerente (anche grazie alla spintina di Colin, ma non dico nulla perché sennò diventa spoiler).

Secondo voi, riuscirò a leggere i prossimi senza archiviare questa coppia che amo tantissimo? Che dite, il prossimo volume sarà in grado di scansarli dal mio cuore? Se così dovesse essere allora Julia Quinn è davvero la regina dell’Historical Romance.

Appuntamento il mese prossimo (questa volta sarà il turno di Hyacinth) per scoprire se sarà così.

Recensione Nessun Dove di Neil Gaiman

Recensione Nessun Dove di Neil Gaiman

Richard vive a Londra da qualche anno, la sua quotidianità è scandita dal lavoro e dalla sua relazione con la fidanzata. L’incontro con una misteriosa ragazza lo catapulterà in una Londra nascosta che gli uomini non possono scorgere.

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Questo fu il mio primissimo Gaiman, prima che litigammo con American Gods, un libro in cui lo amai moltissimo. Forse per questo non l’ho mai perdonato per quella storia che era bellissima, ma imparagonabile a questa. Inutile dire che rileggerla in questo formato illustrato è un piacere che non mi sono voluta togliere. Purtroppo non posso che riconfermare la sua lentezza nel portare avanti la storia. Capiamoci, il libro è bellissimo, ma scontrarsi con alcune scelte narrative di questo scrittore può essere uno scoglio abbastanza arduo da affrontare. Nessun dove è un libro diesel con uno di quei motori vecchi, ha bisogno di tempo per scaldarsi e ingranare alla grande. È un peccato perché potrebbe scoraggiare i lettori che invece tra le sue pagine potrebbero trovare qualcosa di davvero unico e speciale.

Passiamo a parlare dell’ambientazione: chi mi conosce sa che soffro da anni del mal di Londra e fu anche la prima motivazione che mi portò a leggerlo anni fa. Se amate anche voi la City, e volete visitarla, Nessun Dove vi porterà sul Tamigi e non solo, la Londra di sotto è un luogo intrigante con delle regole tutte sue, un Paese delle Meraviglie urbano.

I personaggi non sono a mio parere accattivanti, non capisco se sia dovuto alla scelta della terza persona o se proprio l’autore non abbia dato abbastanza. Richard rientra in un cliché che sin dall’inizio avevo capito dove volesse andar a parare. La vera chicca sono mister Croup e mister Vandemar, gli assassini che tutti vorremmo assoldare o, all’antitesi, da cui vorremmo essere uccisi.

A rendere perfetta questa edizione si aggiungono le illustrazioni che, non sono convenzionale decoro di alcune pagine, ma entrano nel testo dandogli ancora più forza, man mano che si legge la storia.

Immancabile per gli appassionati del vecchio maestro di questo genere, da scoprire se amate Londra, un must have per gli appassionati di Urban Fantasy.

Il ritratto di Dorian Gray

Blog Tout Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde

Oscar Wilde ha fatto di tutto. Ha scritto romanzi, poesie e aforismi. Era un drammaturgo, ma anche un saggista e di recente, leggendo la biografia di una scrittrice vittoriana, ho scoperto che era pure giornalista. Diciamo che se un bambino sognasse da grande di essere un “Oscar Wilde”, dovrebbe davvero rimboccarsi le maniche.

Attenzione questo romanzo è stato offerto da Mondadori.

Ho scelto di parlavi di due poemi teatrali perché credo siano una espressione molto diversa dal solito “Ritratto di Dorian Gray. La prima volta che ho visto a teatro Salomè non immaginavo che fosse un’opera così “vecchia”, la trovavo molto attuale (certo era ambientata in un futuro stile post apocalittico) eppure, anche leggendola, ho ritrovato la forza e la sfrontatezza che rendono questa opera senza tempo. È strano dirlo soprattutto pensando che stiamo parlando di una rivisitazione di un episodio biblico. Eppure Oscar Wilde è in grado di rendere moderno e spietato qualcosa che abbiamo forse sentito leggere alla domenica a messa, probabilmente con il pensiero distratto in altro. Invece qui troviamo tutto per restare incollati alla storia, e vi garantisco che merita di essere vista sul palco (sperando che riaprano presto i teatri).

Il mio rapporto con “L’importanza di essere onesto” (anche se io lo chiamo con il titolo con cui lo lessi anni fa, cioè “L’importanza di chiamarsi Ernest”) è molto più profondo: galeotta fu la trasposizione di Oliver Parker che mi portò a scoprire Oscar Wilde ben prima di doverlo studiare. Arrivai a leggere l’opera teatrale perché ero follemente innamorata del Bumbureggiare di Algernon. Fidatevi, recuperate quel film. E’ invecchiato benissimo e vi renderete conto che la cinicità di Lady Bracknell diventerà il vostro spirito guida.

Ho scelto due opere così diverse perché la complessità di questo autore non può semplicemente essere riassunta con l’opera che tutti conoscono. A mio parere come drammaturgo Oscar era in grado di essere poliedrico e passare da personaggi leggeri, quasi macchiette della società, a quelli senza tempo che nessuno avrebbe mai pensato di raccontare in maniera così sfrontata perché, dai, Salomè fa la lasciva con il patrigno per riuscir ad avere un bacio. Chi avrebbe mai potuto scrivere una scena del genere?

Oscar Wilde è stato un grande e ci insegna anche l’importanza che oltre a un semplice scrittore si può nascondere molto altro. Non bisogna mai fermarsi a un solo libro, perché spesso è nelle piccole cose che normalmente non si trovano sui libri di testo che si riesce a cogliere davvero l’essenza di un genio.

Corrierino delle famiglie

Recensione di Corrierino delle famiglie di Davide Barzi, Werner Maresta e Adriano Fruch

Oggi, oltre a essere la festa dei lavoratori, è anche il compleanno di Giovannino Guareschi, papà di un personaggio che ha segnato moltissimo la mia infanzia: Don Camillo. Non parlerò della sua creatura più nota, semmai mi voglio soffermare su una delle opere minori che danno un ottimo affresco dell’uomo dietro le storie che scriveva. Parlo del “Corrierino delle famiglie”, trasposto in fumetti da Renoir Comics.

Attenzione questo volume è stato offerto da Renoir Comics.

Avvicinarsi a una opera minore di questo uomo, la cui figura ricalca quella di Peppone, è strano. Di lui ricordiamo solo il suo Mondo Piccolo, lasciando da parte invece i lavori che raccontano di più di lui come quelli che compongono e ispirano i fumetti di questa raccolta: una serie di piccole avventure dove Guareschi e la sua famiglia, non solo incontrano il Mondo Piccolo di Don Camillo e Peppone, ma si trovano a mostrare la vita e la politica degli anni del primo dopo guerra. Una storia come le altre per allora, ma uno splendido affresco per chi conosce poco le prime comodità della città. Il tutto accompagnato dalle parole del figlio Alberto, protagonista anche esso del volume, e che ha condiviso foto di famiglia per dare ancora più corpo all’opera.

I disegni semplici e diretti rievocano quegli anni, grazie a dettagli di ogni vignetta. Dai piccoli scorci della vecchia Milano, fino alla caffettiera di una volta… un mix che unito alla storia creata dallo scrittore dona colore a queste pagine in bianco e nero.

Un’autentica chicca per chi ha amato al produzione di Guareschi, un must have per gli amanti di Don Camillo e Peppone, indispensabile a chi vuole vedere la vita di quegli anni così semplici, con un’Italia ancora giovane con le famiglie che affrontavano la quotidianità con semplicità.