turno di notte
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Nuovo turno di notte, nuova finale…

Anche per la quindicesima edizione di Turno di Notte, organizzato da Officine Wort, sono finita tra i finalisti. Nell’antologia dedicata, che quest’anno è dedicata alle mappe, c’è anche la mia.

Il viaggio dietro a questa esperienza è davvero unico e particolare. Lo è per affrontare il turno come anche per andare alla premiazione. Perché Imola non è dietro l’angolo, ma nemmeno un posto sperduto e che si raggiunge dopo giorni di viaggio. Lo è nei viaggi di ritorno (che inevitabilmente avvengono in orari assurdi) in cui vedi le strade popolarsi di auto solitarie, trasporti eccezionali e lavori in corso che sembrano creati apposta per infondere un po’ di emozione e rallentamento al viaggio.

Questa volta è stato un po’ più macchinoso perché dovevo arrivare a Verona, per poi partire con il mio partner in crime Stefano Tevini, che mi ha introdotto a questo mondo in cui in la notte è regina.  La premiazione è stata poi l’ennesima occasione per ascoltare Lucarelli parlare di scrittura. Ha raccontato del potere divino dello scrittore sulle storie: siamo Dio quando scriviamo. Per quello siamo in grado di far succedere determinate cose, possiamo regalare miracoli, punire i cattivi. E’ un modo bellissimo di vedere la scrittura, ed è sempre più chiaro del perché amiamo determinate storie; ci regalano una visione del mondo che spesso è giusta. Definiamo alcuni generi come narrativa d’evasione o d’intrattenimento, ignorando che forse sono molti di più di quanti immaginiamo i generi dove è l’evasione dal mondo reale che cerchiamo veramente.

I gialli per esempio. Un buon giallo ha una sua risoluzione di un omicidio. Nella realtà sono pochi i casi in cui il colpevole, non solo non viene catturato, ma confessa anche. Nei libri possiamo salvare le donne in difficoltà, ma nel nostro mondo il femminicidio è ancora un qualcosa di “usuale”. La discriminazione razziale o di genere viene sconfitta ma, nel nostro mondo, realizzare questi ideali sembra solo un eccesso di politicaly correct. Quanto potere hanno gli scrittori se davvero sanno creare storie che raccontano un mondo che pensiamo reale. Chissà che tutta questa finta realtà non ci insegni che, in fondo, possiamo realizzarla senza che crolli tutto.

Non pensavo di fare la paternale raccontando di una storia di mappe, ma in fondo anche questo viaggio a Imola mi ha lasciato qualcosa.
Il prossimo turno di notte è previsto per la notte tra il 6 e il 7 luglio. Se amate scrivere vi consiglio di sperimentarla, nel caso potete farlo direttamente da casa come anche raggiungere una delle location dedicate a radunare gli scrittori.

Delicato l’equilibrio sta per tornare…

Delicato l’equilibrio sta per tornare…

Prima che il fandom di questo libro si faccia illusioni, chiariamolo subito: no, non ho scritto il seguito; non ho intenzione di scriverlo. Semplicemente lo rimanderò in stampa…
Sono infatti scaduti i termini con La Ponga Edizioni che mi ha supportato in questo progetto, e che ancora ringrazio perché hanno fatto arrivare questo volume ai lettori. Non ero affatto convinta di iniziare questo percorso, eppure qualche giorno fa ho partecipato a un evento dove c’erano molti miei lettori (posso dirvi che sono ancora parecchio sorpresa che tutta quella gente mi avesse letto) e che, parlando di quello che avevo scritto, continuavano a dirmi “Delicato è bellissimo!”
Per chi conosce i retroscena, o chi ha letto i ringraziamenti, sa che questo è il libro che mi ha fatto smettere di scrivere. Per questa storia provo amore e odio. Visto però che non sto scrivendo con continuità, mi sono quasi convinta che, con in mano i suoi diritti, non potesse far altro che cadere nell’oblio. Eppure quando penso all’idea “massì, ha fatto la sua vita, sono a posto così”, ecco che sulla mia strada le persone mi dicono “ma sai che è un bel libro? L’ho divorato”.

Non sarà facile, ma ho deciso di dargli una nuova veste. Resterà il titolo, ma provvederò a sistemarlo con l’aiuto di Gioia De Bonis che, armata di penna rossa e forbici, mi aiuterà a riportarlo in vita.
Ho fatto pace con la scrittura? No, le ferite che ho nell’animo sono ancora aperte, non ho collezionato nessuna cicatrice figa che mi aiuti ad archiviare la paura che provo nel raccontare una storia. Questo è un nuovo inizio. Il primo passo per offrire un ramoscello d’ulivo a quella parte del mio cuore che ancora sanguina. Non ci sono date, non ci saranno novità per un po’ di tempo. Quindi? Beh continuate a seguirmi e pian piano ne saprete di più.

P.S. L’immagine del post è della copia di Delicato l’Equilibrio che ha viaggiato nelle mani di tanti lettori grazie al bellissimo gruppo Libri Itineranti. E’ tornata da me per gentile concessione di Francesca Ostili a cui, appena possibile, arriverà la primissima copia di questa nuova edizione. Guardando queste pagine, a ogni mio dubbio, capisco che è ora che la smetta di non credere in questa bellissima storia.

Turno di notte
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Il turno di notte con Lucarelli

Ho partecipato a Turno di notte, quasi costretta da Stefano Tevini. Era tanto tempo che non scrivevo nulla. Eppure l’anno scorso, quando ho deciso di fare più di 200 km per raggiungere Dozza in provincia di Imola, ho voluto interrompere un periodo nero fatto di silenzi riservati a tutti: dalla pagina scritta ai social, ho preferito evitare contatti e dialoghi. Lo so che può sembrare un capriccio, ma davvero certi traumi non vanno via. Ho un libro edito (Il giorno dopo il lieto fine) eppure, vi giuro, che non mi sono ripresa dalla botta e dalle pressioni psicologiche subite nel 2018/2019.

Quindi ho partecipato a questa sfida, mi sono recata in un luogo fuori dal mondo dove scrivere verrebbe facile pure ai sassi, e qualcosa è successo. Ero completamente fuori allenamento, poco convinta e l’unica cosa che mi spingeva a scrivere era la parola “Meraviglia”. Credo molto alle coincidenze (che non esistono, quindi qualcosa vorrà dire se certe cose succedono) e, in un periodo in cui pensavo alle Meraviglie di Lewis Carroll a tempo pieno, trovarmi un incipit da sviluppare che le raccontasse, sembrava mi parlasse.

Come molte cose però le coincidenze sono semplici collegamenti mentali. Quindi quando Stefano mi ha chiamato dicendomi “Oh Zia, sei in finale a turno di notte”, la mia risposta è stata: “Non è che hanno sbagliato Alice?”

E così, altri chilometri, altra strada per trovarsi in una sala comunale e presentare la tua persona e la tua esperienza, a qualche metro da Carlo Lucarelli: il padre del moderno poliziesco / thriller italiano. Ce ne vedevo tante di coincidenze in quella premiazione, ma nulla, sono “solo” arrivata in finale. Nessun podio. C’è stata tanta amarezza, ma poi presentata a Lucarelli, lui mi tende la mano e si complimenta “Non è da tutti arrivare in finale al primo Turno di Notte”. Non lo prendo come un premio di consolazione. No, perché realizzo quanto questo evento organizzato da Officine Wort non sia un gioco e ci fossero un sacco di veterani che partecipano dalla prima edizione: lo stesso Stefano, che era con me, non è arrivato in finale. E il suo racconto era veramente ben scritto.

Insomma sono qui con una mezza sconfitta a realizzare che posso ancora scrivere. Non è finita. C’è un viaggio in salita che sto percorrendo da fine 2021. Ho tante storie che voglio poter raccontare. La pagina bianca è ancora un problema. Certi demoni non si combattono in un solo turno di notte, ma diciamo che la battaglia è iniziata. Sono pronta alla prossima edizione. E poi, chissà che questi mostri non si dissolvano pian piano davanti ai miei occhi.

Una scrittrice bresciana

C’era una volta una scrittrice bresciana…

Quando Stefano Tevini mi chiese di lavorare a un racconto per una antologia che parlava di Brescia, fui contentissima. Amo la città in cui sono cresciuta, così come la sua bellissima leonessa. Capoluogo di una provincia che ha tutto (se avete dubbi su queste mie ultime parole date un occhio al video di Vincenzo Regis!).

Galvanizzata al massimo, non vedevo l’ora di iniziare. Dovevo scrivere qualcosa di importante. Quando parli di casa non puoi certo sminuirla, lei ti ha dato tanto, è ora di ricambiare. A pochi giorni dalla scadenza ancora mi rigiravo la pagina bianca tra le mani sapendo che, qualsiasi mia storia, non avrebbe reso giustizia a Brescia. A quel piccolo grande mondo che è tutto per me. Reputavo che non fossi neanche degna di pensarla una storia su Brescia.

In quel periodo stavo parlando molto con Margherita Fray dei miei scritti e in particolare dei racconti (che per ora sono in un cassetto a cui vorrei trovare casa); a grandi linee le sue parole furono che ci vedeva la mia firma, ognuno di loro aveva il mio nome nello stile e nella trama. E’ stato allora che, dopo tanto buio, ho capito: dovevo smetterla di pensare a scrivere quello che sarebbe piaciuto agli altri o agli editori. La storia doveva essere nelle mie corde, sarebbe stato l’unico modo per ringraziare Brescia.

Il processo creativo (a cui di solito dedico interi mesi, se non anni) fu riservato a un paio di notti tra wikipedia e i siti dedicati ai santi martiri, e non, pre-anno mille, il tutto condito da musica rock sparata a manetta nelle cuffiette. E via verso la parola fine per un racconto scritto in poco più che due giorni, editato in uno, e inviato a Stefano in super ritardo.

Ora, questa antologia ne ha passate un po’ prima di arrivare finalmente alle stampe. Eppure, benché sapessi che al 99% il mio racconto avrebbe aperto la raccolta, quando finalmente ho avuto tra le mani il libro è stato incredibile. Ci sono, sto raccontando Brescia, nel mio modo e sono lì, tra le prime pagine.

E torna di nuovo, quel pruriginoso piacere di scrivere. Non sono ancora pronta, ma di certo ora sono convinta che voglio tornare a scrivere.

I racconti sono stati il mio esordio, forse per quello riesco in ogni caso a tirare fuori qualcosa che merita le pagine che imbratta. Nella speranza che riesca a portare a termine anche i libro che devo consegnare (no comment), vi invito a cercare e leggere “I racconti della Leonessa” edito da Calibano editore e curata da quel pazzo di Stefano Tevini che continua a credere in me.

Lettera a Tolkien

Lettera a Tolkien

Caro Professore,

         o forse dovrei iniziare con “Caro J.R.R.Tolkien” o magari con un più breve “Caro Jhon”… insomma se già non lo avesse capito, scriverle non è una cosa semplice. Avrei tanto voluto almeno incontrarla dal vivo, avevo in programma di passare da Oxford nel 2020, per fare un giro veloce a portarle un mazzo di fiori sulla sua tomba, ma… c’è stata una pandemia, poi pure la brexit e ora la variante inglese, quindi al momento l’unica alternativa è una lettera.

Quali potrebbero essere le parole più adatte? come le posso spiegare che lei è stato allo stesso tempo la mia salvezza e la mia rovina? Ci provo. Partiamo con il dire che in questo stesso periodo, nel marzo del 2002, per affrontare la dislessia, presi il suo “Il Signore degli Anelli” in prestito dalla biblioteca. È stato il primo libro che ho letto consapevolmente, cercando di affrontare la mia incapacità alla comprensione e alla lettura. CI misi otto mesi a finirlo. Gli feci fare pure una trasferta estiva a Ponte di Legno. Lì ritrovai dal vivo la sua Contea, a pochi passi dalle trincee della prima guerra mondiale, sebbene fossi sugli altopiani bresciani. Un qualcosa di diverso dalla campagna inglese che l’ha ispirata, ma non starò qui ad annoiarla. È altro che le devo dire. Beh quegli otto mesi hanno causato una dipendenza dai suoi libri che è sfociata anche in una lettura forsennata di molti altri volumi; fino ad allora consideravo le letture per me inaccessibili. La mia casa ora conta più di duemila volumi (in aumento), e credo un migliaio di averli letti, ma sa, tenere i conti non è il mio forte.

Come se questo non bastasse, con quella lettura iniziai a sognare. Scrissi. Lo so è una cosa tipica dei novellini che fanno fantasticherie sulle storie che amano, ma nel mio piccolo ero orgogliosa di aver creato un decimo componente della compagnia dell’anello: una sinuosa elfa che avrebbe stregato il cuore di Legolas. Lo so, lo so, ma ero una adolescente con il pallino per Orlando Bloom, non ci si poteva aspettare che fantasticassi su epiche battaglie. Però iniziai a scrivere. Oggi conto due lavori editi, uno inedito e la speranza di continuare a scrivere e pubblicare.

Non mi ritengo alla sua altezza, non oserei mai chiederle di leggere qualcosa di mio, anzi me ne vergognerei tantissimo. Devo studiare ancora molto. Poi nel mio piccolo questo amore verso le storie, che lei ha fatto sbocciare, è anche fonte di tanto dolore.

Vorrei essere stata fortunata come lei ed avere degli amici storici con cui condividere i miei testi, ho cercato di avere dei buoni rapporti con “i colleghi”, ma a volte non mi sento degna di essere letta da loro. Mi domando se leggere e scrivere mi abbia davvero fatto bene. Professore, perché soffro così tanto per ciò che amo? Perché non è facile scrivere e vedere i propri lavori arrivare ai lettori? I tempi sono molto cambiati e darei la mia vita se solo potessi dedicarla unicamente alla ricerca della storia perfetta che potrà, suscitare in altri, quello che la sua fece per me. Sono giovane, c’è tempo perché io riesca o abbia almeno tempo per provarci davvero. Magari non riesco ancora a vedere che ho bisogno di lasciare che tutto trovi il suo posto, che in fondo tutto questo tempo che dedico al lavoro che mi paga affitto e bollette, prima o poi, mi aiuterà a trovare anche la possibilità di realizzarmi.

Le sembra giusto professore che io soffra così tanto per il seme che piantò in me un suo libro? Vorrei tanto una sua risposta. Vorrei poterla leggere e sentire che non è tutto vano, non saranno magari rose a fiorire in me, ma mi accontenterei di tanti papaveri rossi.

Per quanto possa soffrire la ringrazierò lo stesso, anche di tutto questo dolore, perché sono una persona con uno scopo, se quella ragazza non avesse letto il suo libro ora non saprei dirle se sarei arrivata a oggi.

Spero di poterle venire a porgere i miei omaggi presto. Voglio vedere la sua amata Oxford, voglio scorgere la campagna che l’ha ispirata e leggere i passi dei suoi libri mentre cammino attraverso le strade che sono state anche sue. Per ora posso solo sognare, ma le prometto che ci sarò. Torno a scrivere, lei mi aspetti, prima o poi ci incontreremo.

Le porgo i miei più sinceri saluti, anche alla sua adorata moglie che riposa accanto a lei.

A presto Professore…

Alice

scribacchino della Chimera

2020 – L’anno scribacchino della Chimera

Che cosa posso dire del 2020 come me autrice? Di certo sono orgogliosa che mentre il mercato editoriale (in parte) si fermava a causa del covid, io mi sono mossa. A marzo ho scritto come non mai, ho mandato un manoscritto a un editore e ho pubblicato un libro. Infine è successo molto altro, ma andiamo per gradi.

Scrivere da zero una storia è una cosa impossibile, mi conoscete, ho bisogno di anni di ricerca, di visite delle location e di molto altro ancora. Eppure ho preso una delle giare in cui chiudo le mie storie per anni, insieme alle ricerche, perché decantino in attesa della stesura. Mentre tutto parlava di paura e morte fuori di casa, ho iniziato la mia storia sui cimiteri. Il titolo provvisorio è “Vite cimiteriali” ma non credo sarà mai pubblicato con quel titolo. È una storia più breve rispetto a “Delicato è l’Equilibrio”,  infatti mentre arrivavo molto vicina al finale (ad ora credo manchino forse quattro o cinque capitoli) conta poco più di un centinaio di cartelle. È una storia diversa (perché non sono capace di stare sotto all’etichetta normalità) anche se mi rappresenta moltissimo. È ambientata in un cimitero che racconta la vita che scorre all’interno delle sue mura, oltre, ovviamente, all’aspetto meno allegro. Tengo molto a questo romanzo, credo avrà bisogno dei suoi tempi per essere pronto, è solo una prima stesura e l’idea è maturata in qualcosa come tre anni. Insomma per i miei tempi è ancora acerba e avrà bisogno di un editing profondo.

In parallelo ho anche risistemato i miei vecchi lavori. Ho radunato i miei racconti e ne ho anche scritti di nuovi. Sto valutando che farne, mi piacciono e credo meritino una possibilità. Alcuni sono editi altri li ho scritti di getto in questo 2020 e forse ne scriverò altri… Insomma potrebbero trovare una loro collocazione. E se nessuno li vuole potrei valutare di pubblicarli in self. Il tempo mi darà come sempre le risposte.

Ho riletto e mandato un mio lavoro a un editore finendo anche sotto contratto, parlo di “Infelici e Scontenti” che ora non solo ha una copertina (bellissima) nuova ma anche un titolo davvero speciale “Il giorno dopo il lieto fine”. Sono felice di questo risultato e ve ne ho parlato già molto sul blog. Inoltre vorrei scrivere anche altre storie legate a questo tema, ma per ora è solo un’idea. Vedremo cosa succederà nel 2021.

A dicembre ho anche scritto un racconto su commissione, dopo che una cara amica aveva letto la mia raccolta sulla principesse disney, e ho riaperto gli occhi. Troppo spesso lascio che le parole di chi ha segnato il mio 2018 e parte del 2019 mi blocchino quando scrivo. Tendo a cercare una storia che venda. Mi preoccupo del fatto che nessuno vorrà leggerla. Eppure quell’audio in cui mi diceva che riconosceva come scrivevo e quanto lo facevo bene mi ha fatto capire che io non sono quella Alice. La Chimera non scrive le storie che il mondo vuole e questo mi rende felice. Non so se verranno mai pubblicate o lette, ma io credo in quegli eroi, che sono mostri, e nascono dallo spavento e dalla solitudine.

Devo tornare a questo, a essere me stessa. Quel racconto riscritto da zero in una notte, per quanto forse imperfetto perché quasi non sono più capace di scrivere certe storie, mi rappresenta moltissimo e non vedo l’ora di vederlo edito (restate collegati per scoprire dove e quando).

Tecnicamente ho dei programmi per il 2021, ma non so ancora se li rispetterò. È difficile spiegarlo ma non solo con il covid, questo 2020 ha cambiato molto della mia vita privata. Anche come autrice devo lavorare per rimediare a scivoloni e per dare forma alle mie storie. Ho poltrito troppo sperando che qualcuno credesse in me: la realtà è che sono circondata da splendidi lettori, da amici e colleghe autrici che mi vogliono bene; non ho bisogno di altro. Oddio, il tempo, quello sì manca sempre.

Sono solo incubi

Sono solo incubi

Ormai con la stesura dei cimiteri sono in stand-by in attesa di definire il finale. È una parte difficile da scrivere e quindi mi sono presa una piccola pausa per scrivere altro. Già da prima della quarantena avevo messo mano ai miei lavori passati, tra questi c’erano diversi racconti, alcuni vecchissimi e altri editi in varie antologie. Mi trovavo in un momento di stallo delle stesure. Parliamoci chiaro, prima della chiusura totale (totale per molti altri visto che ho sempre lavorato a orari ridotti, lo ribadisco perché avrei voluto staccare del tutto la testa e invece bene o male dovevo pensare all’ufficio, e no, questa cosa dello Smart Working io me la sono proprio persa) ero bloccata. Avevo tra le mani tre tracce in stesura: i licantropi, il progetto cimiteri (che ho poi scritto a pieno ritmo in quarantena) e un romanzetto romantico (che probabilmente resterà abbandonato a se stesso perché certe storie faccio davvero fatica a scriverle). Tre storie e nemmeno una che mi chiamasse apertamente.

Confusa sul cosa scrivere ho preso invece coraggio e ho aperto vecchie cartelle abbandonate. Ci ho trovato lavori davvero carini da presentare ai concorsi, alcuni erano stati pubblicati, altri erano rimasti nell’ombra. Lo confesso ho sbirciato pure le vecchie tracce fantasy di alcuni romanzi, le ho accarezzate promettendo che sarebbe presto stato presto il loro momento (anche se prima del 2022 non se ne parla).

I racconti erano tanti e pronti quindi ho deciso di raccoglierli sotto il nome “Sono solo incubi” (nome provvisorio, si vedrà se qualcuno avrà intenzione di pubblicarli con quel titolo o con un altro). Ci sono storie che ho sviluppato senza nemmeno pensarci, altre che sono sfoghi di momenti difficili, altre ancora erano compiti a casa per corsi di scrittura. Eppure la paura, le ansie che raccontano sono le stesse che si possono trovare in “Il Giorno dopo il lieto fine”. Quindi li ho riletti e, visto che il finale dei cimiteri ancora tardava a concretizzarsi,mi sono dedicata ad un racconto che chiuda la raccolta.

E poi? Beh finisco e poi vediamo se trovo un editore. Per ora però sto ritrovando il piacere di rimettermi al lavoro sulla scrittura, un piacere che avevo perso. Mi sembrava che lavorare sulla pagine bianche fosse diventato più una tortura che un qualcosa di liberatorio. Avevo dimenticato che non devo scrivere per il lettore o l’editore di turno, lo faccio perché mi piace raccontare il mio modo malato di vedere la vita. Non devo compiacere nessuno o scalare classifiche Amazon. Lo faccio perché mi piace e ad alcuni (non importa se tanti o pochi) lo leggeranno prima o poi. Sto cercando di fare il meglio per la me scrittrice. Sto tornando a essere soddisfatta (nel mio piccolo) delle storie. Davvero ignoro come andrà, ma di certo so che voglio vedere anche questa antologia avere un suo spazio nelle librerie dei lettori.

I miei licantropi

Come nasce una storia, i miei licantropi.

C’è una storia che è sul mio portatile da tanti anni, forse troppi, ma non l’ho mai finito eppure ho intenzione di dedicarmici appena il libro in stesura sarà pronto per gli editing.

Ufficiosamente lo chiamo “Progetto Licantropi” anche se il file porta il poetico nome “I volti della luna” (che non so se sia ancora adatto). Inutile dire che il fulcro della storia sono lupacchiotti troppo cresciuti, infatti oggi vorrei parlarvi di questa storia e di come è nata.

Primavera 2014, su Sky inizia a girare un promo molto intrigante di una serie tv latino americana: Cumbia Ninja. Musica, malavita, una ragazza che deve rifarsi una vita e si sente in colpa per essere sopravvissuta alla sua famiglia. Galvanizzata aspettai la messa in onda. Divorai la serie, eppure la delusione fu davvero tantissima; troppe cose che stonavano insieme, come le leggende del drago cinese rifugiato proprio in un tempio Maya in Colombia, il fatto che ogni episodio serviva più a lanciare le canzoni che a portare avanti la trama, il colpo di grazia poi furono i piccoli buchi di trama. Non fui soddisfatta e come troppo spesso accade mi feci una fantasia tutta mia guardando all’infinito il trailer.

Non è una cosa così nuova nel mio processo creativo: riempire i buchi di storie che non mi piacciono, riscriverle come io le avrei volute leggere o anche per completarle con la mia fantasia. Quando a nove anni non ebbi modo di avere l’album di figurine di Street Fighter, raccolsi le poche informazioni su Chun-Li, il personaggio che amavo di più, e mi creai la mia storia della guerriera tutta odango e cosciotte.

Sono sempre stata una da Vampiri, ho letto di tutto sui succhia-sangue eppure il lupo e le dinamiche del branco mi hanno sempre affascinata e ho iniziato a definire Giulia, la protagonista. Anche la sua controparte maschile era già chiara nella mia mente. Eppure l’insicurezza ha sempre bloccato quel libro, uno che tra professori e colleghi vogliono vedere ultimato: presentai a una lezione il plot scarno e tutti mi chiesero cosa stessi aspettando per scriverlo. La mia risposta era che non avevo le giuste basi in quel momento. Luca Tarenzi mi fece una ramanzina che ancora in molti amici di quel corso rievocano (chissà che un giorno non mi tatui la lista delle 5 famiglie di licantropi addosso).

Che cosa è cambiato in questi anni di ricerche? Poco o nulla. Certo informarmi, incastrando realtà e fantasia è stato bellissimo, ma di fatto non è che ora sia la divinità in terra di questa figura fantastica, quello che è cambiato soprattutto quest’anno è la consapevolezza di me. Ci sono certamente elementi che dovrò riscrivere, ci sono protagonisti che credevo principali e invece diventeranno secondari, ma Giulia avrà la sua storia non perché ora conosco i lupi, le gerarchie nei branchi o l’evoluzione di questa figura dalla narrativa classica a quella moderna, accadrà perché è il suo momento.

Potevo certamente aspettare meno, ma meglio tardi che mai.

Il giorno dopo il lieto fine

Libri bruciati e contratti panda: Il giorno dopo il lieto fine

Il bellissimo video di Sara Gavioli ha avuto il coraggio di esporre una dura realtà: esistono libri che, per un motivo o per l’altro, non hanno la fortuna degli altri. Sono volumi che al termine della loro vita nel mondo editoriale, tornano in un cassetto, anneriti da un mondo che magari non li ha notati su scaffali troppo affollati, o forse i lettori non hanno mai voluto leggere la loro sinossi perché la copertina proprio non li ispirava, o perché magari non hanno avuto la promozione adatta. Insomma difficilmente un libro edito torna nelle librerie con un nuovo editore, contratto, editing e copertina, se alla fine nella sua prima vita non ha fatto grandi numeri.

Questo era il destino riservato a “Infelici e Scontenti”. Ormai aveva fatto il suo corso. Non che l’editore non lo avesse spinto alla sua uscita, anzi, ma per diverse ragioni non ha mai fatto grandi numeri. Come se non bastasse, qualcuno mi aveva consigliato di ritirare i diritti ben prima della fine del contratto, un errore madornale visto che questo fantomatico editore che “mi voleva tutta per sé” si è rivelata un’autentica “sola”: ricordatevi sempre, se vi vuole veramente un editore deve anche garantirvi una data di uscita e soprattutto rispettarla, e magari prima di dire “ti pubblico” deve leggerlo il romanzo; se vi mettono sotto contratto qualsiasi cosa scriviate forse quel “professionista” lo è solo per auto proclamazione.

Avevo in mente di pubblicare il libro in self, ho valutato di farlo illustrare, ma in quarantena ho scelto di trovare per lui un nuovo editore. Chi però avrebbe mai voluto un libro bruciato, con l’aggravante di essere una raccolta di racconti? Già perché come se non bastasse, il formato narrativo è pure il meno ideale per il mercato odierno.

Non lo consideravo un libro ormai senza speranza, aveva e continuerà ad avere delle grandi potenzialità, ma rimane il mio miglior lavoro fino ad ora pubblicato (sì, lo reputo superiore a “Delicato è l’Equilibrio”), per questo ho fatto quello che andava fatto: l’ho sfilato dal cassetto, l’ho pulito dalla fuliggine, ho riletto e rimosso refusi e mi sono guardata in giro. Indovinate un po’? Eccolo ora edito con un contratto che definirei Panda, se quello di Silvia Pillin è unicorno, il mio è meno raro, ma comunque in via di estinzione.

Sono contenta di questo nuovo passo, confido che questo libro raggiunga chi non lo aveva scoperto nel 2016, e che magari spinga chi lo ha amato a rileggerlo.

La copertina e gli interni mi piacciono moltissimo, vanno ben oltre a quanto potessi immaginare, sono semplici ma d’effetto, rendono giustizia a quelle storie scritte in un periodo molto buio del mio passato.

Il nuovo titolo poi credo sia la ciliegina sulla torta. Quando l’editore mi ha consigliato di cambiarlo ero turbata, non sapevo dove avrei potuto trovarne uno migliore. Dopo tante riflessioni, mentre cenavo accompagnata dalla visione (ormai per la terza volta) di BoJack Horseman, sento una frase di Diane: “Il matrimonio è stato fantastico, ma quella non è la vita vera. Voglio dire che ho avuto il lieto fine, ma per ogni lieto fine c’è anche il giorno dopo il lieto fine, chiaro?” Eccolo il titolo perfetto “Il giorno dopo il lieto fine”!

Questa esperienza mi ha insegnato che devo credere nel mio lavoro. La vita non è fatta solo di successi, a volte si fanno cazzate, ma se si vuole davvero rimediare il sistema è solo uno: rimboccarsi le maniche e se ancora non basta beh riprovate, solo chi abbandona i propri sogni non realizzerà nulla.

Inizio questa nuova avventura con Segreti in Giallo Edizioni, sono emozionata e felice, forse non ho raggiunto il nirvana, però ci sto lavorando ogni giorno, un passo alla volta, quello di oggi ha l’impronta leggera e delicata di una farfalla.