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  • La sovrana lettrice

    La sovrana lettrice

    La regina d’Inghilterra, Elisabetta II, scopre l’amore per la lettura, e ne diventa così ossessionata da cercare di coinvolgere non solo lo entourage e chiunque le capiti a tiro, ma anche i capi di stato in visita sono costretti a parlare di libri. La sua vita legata al potere cambia radicalmente, piegandosi al bisogno di leggere sempre e a ricercare l’amore per la lettura in chi la circonda.

    Sono in grado di finire libri di cinquecento pagine in meno di ventiquattro ore, ma questo volume di appena novantacinque ha richiesto molto tempo. Non è la storia a essere il punto cardine di ciò che si sta leggendo, sono le sfumature sul leggere che l’autore cerca di trasmettere. Perché l’uomo legge? Perché scrive? Il personaggio sfruttato ha un certo impatto sul lettore, sarei curiosa di sapere se sarebbe stato in grado di darci la medesima visione del mondo letterario attraverso un altro personaggio meno famoso. Quasi certamente il risultato sarebbe stato identico, ma spicca la forza del vedere una donna anziana cominciare a leggere voracemente, come divorasse biscotti, una donna che non è una persona normale, è una regina, ha dei doveri ed è piegata a rigide regole di etichetta e di Stato. Ebbene vederla evadere (non è nemmeno vero che lo farà, ma non posso spiegarvelo per capire dovrete leggere il libro) da una corona che sarà sul suo capo fino alla morte, smuove nel lettore una ricerca. Ecco che tra le letture di Sua Maestà compaiono libri già visti. Si ha quasi l’impulso di cercare quelli sconosciuti alla propria lista di lettura per essere al passo con la corona.

    Un libro che parla di libri potrebbe sembrare un’idea inflazionata, banale e senza troppe pretese, eppure nelle sue poche pagine si trova altro. Per questo a mio parere non lo divorerete in pochi minuti. Questo libro è stato il mio primissimo Adelphi, un primo assaggio alla letteratura che troppo spesso le librerie commerciali trovano poco vendibile ma che può arrivare ad aprire gli occhi dei lettori.

    Un volume piccino piccino, ideale per finire incastrato in piccoli spazi delle nostre affollate librerie, ma anche ideale per chi vuole capire perché si arrivi a case stracolme di libri.

  • La spia del mare

    La spia del mare

    Prima di parlarvi di questo libro, devo fare una parentesi sulla sua autrice. Ho scelto di parlare di questo volume perché è quello che ho terminato più di recente, ma questa donna ha scritto anche la saga di Black Friars, qualcosa che mi viene difficile descrivervi dopo così tanti anni, ma se già questo libro vi attira, date un occhio anche a questa serie, perché se c’è qualcuno che pagherei per scrivere a tempo pieno, quella è Virginia de Winter, e non per leggere solo dei suoi personaggi famosi, ma su qualsiasi romanzo con una componente fantastica che esca dalla sua mente. I motivi ve li spiegherò parlandovi di questo romanzo.

    Cordelia è una spia inglese. Prende il posto della gemella veneziana Cassandra per poter obbedire al ricatto del padre che la vuole pronta a commettere omicidi e inganni per salvare la Serenissima. L’impresa però è ardua perché alcuni uomini che si nascondono dietro alle maschere della commedia dell’arte, sembrano morire e poi ritornare alla vita. Come se non bastasse il fidanzato della sorella sospetta di lei.

    La bravura dell’autrice arriva a dare forma a storie così autentiche e magiche che gli elementi fantastici divengono dati di fatto: se scrive che nella Venezia libertina di metà settecento ci sono omicidi e morti che risorgono, in più punti vi verrà normale pensare “sì, sono esistiti non è solo un romanzo”. Nel 2019 ho incontrato l’autrice e questa mi ha confessato che per scrivere il libro lei aveva fatto delle ricerche infinite fino a conoscere Venezia e le sue calli a memoria, e leggendo questo si sente e difficilmente potrete trovare elementi che stonano con l’epoca e l’ambientazione.

    Non starò a tessere altre lodi mielose per questa autrice per tutto questo articolo, ma sono onesta amo il suo stile e i personaggi che inizialmente sembrano solo di carta in pochi capitoli sono accanto a voi quasi vi girassero loro stessi le pagine; l’altero Cassian, il dissoluto Casanova sono proprio ben caratterizzati e non di meno la protagonista Cordelia.

    La trama che si snoda pian piano davanti al lettore non è affatto banale o troppo ricercata, è un buon giallo storico che include molti elementi fantasy, ma ci permette di saggiare la vita veneziana fatta di maschere e lussuriosi incontri in gondola. Venezia e l’intrigo sono fatti per stare a braccetto e l’autrice non fa altro che metterci del suo per rendere il tutto coinvolgente e meraviglioso.

    Ancora oggi, dopo tanto tempo dalla sua lettura, vi confermo che è sta una lettura travolgente, di quelle che troppo spesso ti chiedono di restare sveglie le notti con lei perché il mattino non può arrivare senza che tu sappia, senza che un altro capitolo sia letto.

    Agli amanti del genere fantastico storico lo consiglio senza alcun dubbio. Leggete romance e non lo avete letto? La vostra è follia allo stato puro!

  • Le ferite originali

    Le ferite originali

    “Devi leggerlo”. Bene o male, quando si finiva col parlare di libri “belli, belli; belli in modo assurdo” (Citazone da Zoolander), inevitabilmente la mia cara amica scrittrice Magherita Fray citava Eleonora C. Caruso e il suo Le ferite originali, il libro di cui ora devo parlarvi.

    Era da tempo che non segnavo un libro in questo scaffale, dove raccolgo quelle letture che sono speciali. Un altare dedicato a quella narrativa che lascia qualcosa nei lettori, che semplicemente si distingue.

    Ecco quindi che, dopo tanto silenzio, arriva questo libro che è devastante. Schietto. Ben scritto. Con personaggi troppo vivi da toccarci l’anima e ferirla con i loro mille errori. Christian è un Puck milanese, uno spirito del caos nelle vite delle persone che avvicina. Così odioso, così amabile, così intenso da risultare quasi come tossico, ma che capendolo sempre di più, non si può far altro che amarlo.

    E Dafne… Non ci sono parole per raccontare la grandezza di questa ragazza (almeno senza rischiare di fare degli spoiler).

    Il registro di Eleonora utilizzato nella narrazione è ricco. Da troppo tempo non trovavo libri scritti così bene, sfruttando tutta la nostra lingua non solo per raccontare e descrivere. Alcune frasi sono belle, perfette, quasi fossero composizioni poetiche. Ed è evidente che, come un pittore che ha molto studiato, ogni pennellata o singola parola vanno a comporre un quadro complesso se visto solo in parte. Quando ci si rende conto dell’immensità della tela da lei dipinta si può restare solo a bocca aperta.

    Inoltre ai protagonisti se ne aggiunge un altro, meno palese: Milano. Conoscendo la città, vederla descritta è sempre strano. A volte si vedono gli occhi da turista che non colgono tutto. A volte occhi annoiati la raccontano come un cliché. Eleonora no, tira fuori il meglio e il peggio. Milano è Milano, quella che vedo ogni giorno, quella che amo e allo stesso tempo odio. Porta tutte le sue contraddizioni che la rendono la capitale del lusso e del degrado sociale. Se volete sapere davvero com’è Milano, lo potete vedere tra le pagine di questo libro.

    Vi confesso che forse non è un libro per tutti. Le tematiche trattate sono crude, il modo con cui sono esposte è onesto, tanto da essere a volte troppo. Eppure non leggiamo perché è bello, vogliamo anche questo. Fatevi male con questa storia. Forse ne soffrirete, ma non sarà stato per nulla.

  • Leviathan

    Leviathan – La trilogia

    Ci sono generi che in Italia arrivano a fatica, uno di questi è il Dieselpunk. Magari qualcuno di voi avrà sentito parlare dello Steampunk, suo parente prossimo, ma di Dieselpunk la vedo davvero dura; semplificando, se nel primo il vapore unito all’ingegneria ha portato un forte avanzamento tecnologico per l’epoca vittoriana, nel secondo ci troviamo nel primo ventennio del novecento e il petrolio ha dato la chiave per costruire macchine e robot per combattere. Capite bene che dovevo parlarvi di questo filone fantastico, perché davvero intrigante oltre che raro nelle nostre librerie.

    Torniamo però a parlare della Trilogia di Leviathan, siamo nel 1914 e a Sarajevo l’arciduca è appena stato assassinato, suo figlio, rimasto a Praga, deve scappare su un camminatore verso la Svizzera in cerca di salvezza. Parallelamente a Londra Deryn Sharp, sta fingendo di essere un ragazzo di nome Dylan per poter entrare nell’aereonautica e proseguire la passione del padre per il volo, un colpo di sfortuna la farà arrivare a bordo del Leviathan, una creatura-dirigibile. L’incontro di questi ragazzi, con lo scoppio della prima guerra mondiale sono le basi della storia.

    Il genere e la trama già dovrebbero bastarvi per farvi capire che non ci troviamo davanti al solito libro, e anche se ideale per un pubblico adolescente, io me ne sono innamorata per le finezze che troverete tra le sue pagine. Si tratta di un volume illustrato, le immagini ben curate, accompagnano il lettore nella storia e se pensate che possa renderlo infantile, vi dico che a volte vedere le macchine, i personaggi e le creature descritte è un buon modo per far confrontare il lettore e la sua fantasia con quello che invece qualcun altro ha interpretato.

    Non fermiamoci però al semplice aspetto del libro, tra gli elementi che ho apprezzato c’è la contrapposizione di Cigolanti e Darwinisti. I Cigolanti, o meglio gli abitanti del continente europeo, soprattutto Germania e Austria, sono chiamati in questo modo perché hanno sviluppato la robotica per il suo utilizzo sui campi di battaglia e nella vita di tutti i giorni. I Darwinisti sono invece lo schieramento opposto, in prima linea troviamo l’Inghilterra, paese dove le scoperte di Charles Darwin hanno portato a una rivoluzione: le macchine sono infatti sostituite da creature di sintesi, assemblate con vari finalmente di DNA a comporre creature in grado di svolgere i compiti più disparati: il Leviathan è appunto una creatura di sintesi, creata dall’unione di varie specie è in grado di generare idrogeno per poter riempire la propria pancia di balena gigante e volare. Due schieramenti che si troveranno a combattere in guerra cercando di capire chi potrà prevalere tra le macchine e gli animali di sintesi. Un grande lavoro per costruire un mondo coerente con l’epoca trattata senza che però gli elementi di pura invenzione si rivelino estranei. No, ognuno invece si adatta alla perfezione alla politica di quegli anni, con un sapiente lavoro non solo di costruzione del mondo, ma anche di conoscenze storiche da parte dell’autore.

    Questa trilogia racchiusa in un libro, piega i fatti storici con delicatezza per restituire una narrazione che potrebbe essere verosimile, mostrando che a volte si può introdurre il fantastico nel nostro passato, senza fuggire in mondi paralleli, o luoghi incantati. Un’avventura per chi ama le storie ambientate nel passato, strizzando l’occhio a chi cerca qualcosa di speciale, di magico ma anche di coerente.

  • Estate che sciolse ogni cosa

    L’estate che sciolse ogni cosa

    Il modo in cui i libri arrivano a un lettore è spesso un percorso insolito. Questo è uno di quei libri che sono arrivati seguendo quel caso che troppo spesso si rivela sinonimo di consiglio giusto al momento giusto. Il nostro incontro è stato generato dal programma Podcast di Matteo Bibianchi, Copertina. Tra i volumi consigliati della prima puntata si parla di un romanzo potentissimo, dove il diavolo viene invitato in una piccola cittadina americana, ebbene un bambino risponde a questa chiamata portando con se un’estate torrida e sconvolgente.

    Spiegare questo libro non è facile, ma del resto nemmeno il suo editore è un tipo per tutti. Atlantide infatti pubblica edizioni con materiali ricercati, numera le copie, più che libri sono oggetti d’arte e il loro prezzo rispecchia il loro valore. Il contenuto di questi volumi è molto intenso, leggendo ”L’estate che sciolse ogni cosa” ogni cinque pagine mi sembrava di averne lette cento, non per i fatti ma per il fiume di emozioni e pensieri che travolgono il lettore; non dimentichiamo l’afa, la sensazione di impossibilità di trovare refrigerio solo aprendo le pagine del libro.

    Lo devo confessare, non è un libro per tutti, ma se affronterete il suo prezzo, scalerete i primi capitoli, ecco che la vetta, la tremenda fine che avrete conquistato vi resterà dentro, un po’ come se si fosse sciolto anche in voi qualcosa definitivamente lasciando solo il vuoto di una storia che non si può raccontare.

  • Maria nata per la libertà

    Maria – Nata per la libertà

    Nella canzone “Il sentiero dei nidi di ragno” di Lowlow, chiaro riferimento all’opera omonima di Italo Calvino, una strofa dice: “Però conosco un posto che altri non sanno, dopo il bosco nero, il sentiero dei nidi di ragno, quando i grilli canteranno, gli adulti balleranno insieme sopra le ossa dei partigiani seppelliti in mezzo al fango”. È una canzone che ascolto spesso mentre guido; quelle frasi hanno un sapore molto diverso ora che ho letto questo libro. Questo rende speciale la nuova pubblicazione di Amalia Frontali: la capacità di dare una forma a quella parte di storia che troppo spesso rimane giusto citata nelle pagine dei libri scolastici. Ridona voce a tutti quei monumenti che sono ricordati giusto con qualche corona di alloro a ogni anniversario, simboli che pochi di noi associano alla storia del nostro paese.

    Si sente l’amore per la vita, la speranza, uomini e donne che hanno fatto qualcosa. Persone che si sono sporcate le mani di sangue per poter dare un futuro a questo paese, che, guardandomi in giro, quasi mi sembra non se lo meriti.

    Parliamo del libro però, non voglio scaldare gli animi, anche se il turbamento rimane. Noi che camminiamo per quei sentieri sotto cui riposano le persone che hanno creduto nella liberazione del nostro paese. Maria non è un personaggio romanzato, è semplicemente lei, raccontata da una scrittrice che conosce la storia e riesce a portare la sua passione su carta, tanto da tenere incollati i lettori, mentre racconta loro la guerriglia, i rastrellamenti e le fughe nei boschi, teatro di sparatorie e assalti esplosivi.

    Maria è scappata in montagna, non per vocazione, ma perché è stata costretta. È una donna che non ha mai combattuto, semplicemente voleva essere libera, voleva fare la cosa giusta, e quello che sapeva fare era curare la gente. Anche se non era un dottore, ma solo una semplice infermiera.

    Non è un libro buonista e non vuole solo intrattenere. Maria attraverso la penna di Amalia ci insegna la storia, ma soprattutto a smetterla di festeggiare il 25 aprile come se fosse una semplice festa evidenziata in rosso sul calendario. Perché quel colore non è un semplice avviso, quel rosso è di tutto quel sangue che è stato versato per la nostra libertà.

  • Né a Dio né al Diavolo

    Né a Dio né al Diavolo

    Cosa succederebbe davvero se incontraste un vampiro? Se vi dicesse, “Buongiorno,mi chiamo Lucifero e sono un vampiro”, voi come reagireste? Ecco questa è una storia in cui i vampiri non dovrebbero esistere fuori dai libri e film, eppure qualcuno ha la (s)fortuna di incontrarli. Un romanzo che porta il fantastico nella vita di amanti della musica metal e di D&D: non siamo in un libro per ragazzine e, quando si parla di sangue e di dolore, questi sono veri. Tom e Ivan, i protagonisti, saranno costretti a scontrarsi con il fatto che i vampiri non solo esistono, ma fanno davvero paura.

    Leggendo le prime pagine di questo libro, mi sono resa conto di quanto siano diversi il paranormal romance e l’urban fantasy classico e puro. Già, perché quando leggi montagne di romanzi che usano l’elemento fantasy come componente quasi folkloristica e non come base di tutto, ritrovarsi tra le mani un libro diverso suona quasi come una lettura difficile. Questo libro non è come gli altri, non è una storia gonfiata che “fa figo”. No, è una storia ben scritta, che si prende i suoi tempi per portarvi a Biveno, per farvi conoscere i personaggi e le situazioni. Insomma, roba per gente che il genere lo mastica e per lettori che vogliono leggere qualcosa di serio con un elemento fantastico. Niente vampiri luccicanti, niente influenze di sottogeneri, niente Stokerismi o altro, solo vampiri.

    È così che si scrive un vero urban fantasy: senza fronzoli, senza citazioni. senza dover tirare in campo altro. Lo so che non è quello che mediamente gli editori ci propongono, ma non per questo ha meno valore del resto.

    Parliamo di vampiri. Chi mi segue sa che ho un certo numero di romanzi del genere sulle spalle e di solito non me ne lascio sfuggire se posso. Quindi vediamo dove collocare questi nuovi arrivati: partiamo con il presupposto che sono piuttosto classici e poco romantici. Hanno un loro fascino e non brillano (lo so che sono solo quelli di Twilight a farlo, ma è sempre meglio ribadire e festeggiare del fatto che non siano simili), non si trasformano in nebbia, non mutano in forma di pipistrello e non provocano piacere mentre prendono il sangue dalle loro prede. Insomma, sono tipi cazzuti, che temono la luce, ma possono vivere anche di giorno; hanno forza, sensi accurati e un passato che è il punto di forza della storia.

    I personaggi si snodano in due tempi narrativi, quello del presente dove Tom scopre che Lucifero non è solo un tipo semplicemente goth che si spaccia per vampiro, e quello del passato dove scopriamo come Lucifero sia rinato vampirpo.

    Vampiri senza amore quindi? No, volendo ci potrete trovare parecchie ship anche per chi ama i romance. Aislinn si conferma l’autrice italiana che ha sempre fatto sentire la sua voce con libri diversi e fuori dai soliti schemi.

    Come ultimo appunto vi dico che la storia finisce, ma l’autrice ha scritto altri due volumi legati a questo romanzo: fidatevi, non vi fermerete al primo.

    Ideale per chi cerca qualcosa di ben scritto legato ai vampiri. Una storia in cui l’unica pecca è che Biveno è inventata, perché vi giuro ci vorreste vivere anche voi!

  • Non contate su di me

    Non contate su di me

    La forza di un libro, sta nel riuscire a lasciare qualcosa al lettore. È per questo che dopo tanto tempo, ancora ricordo questo magistrale capolavoro di Antonio Schiena. Primo è un ragazzo molto solitario che sfoga tutto nella scrittura. Futura invece ha la passione per i tentativi di buttarsi dal tetto e vuole scoprire cosa le stanno tenendo segreto. È sul tetto che Primo e Futura si incontrano, lei in procinto di uccidersi, lui che cerca solo un po’ di pace per distruggere ciò che ha scritto. Futura capisce che non è un caso, lui l’ha salvata, ma Primo in realtà non vuole avere a che fare con quella pazza. E nemmeno con le altre persone.

    Dove collocarlo nelle nostre librerie? È un giallo? Un viaggio introspettivo nelle ombre del nostro mondo? È semplicemente narrativa che filosofeggia? Io questo, lo ammetto, non so dirlo. Inizio a sospettare che dovrò fare uno scaffale solo per questo autore sotto alla targhetta “al di fuori di ogni canone”. Vi posso solo confermare che è un libro incredibile, profondo e che quasi avrei sottolineato (cosa che non faccio neanche sotto tortura o per necessità) per tenere traccia di quelle decine di passaggi che sembrano frasi fatte, e che invece raccontano questa società sempre più sola, sempre meno pronta a fare qualcosa, alla ricerca di felicità, e che accetta colpe altrui ignorando che potrebbe scoprire la verità su di esse.

    Una storia che sta in piedi anche quando non si capisce se la pazzia di Futura sia vera o semplicemente frutto delle incomprensioni di Primo: perché tante cose avvalorano le teorie strampalate di Futura, ma sembrano enfatizzate solo dalle sue ossessioni. Non vi dico molto altro perché lo spoiler è tremendamente facile da lasciarsi scappare con un libro come questo.

    Lo consiglio a giovani lettori, perché è una storia che si lascia leggere e rispecchia molto il nostro oggi. Lo consiglio a chi è navigato e cerca qualcosa di insolito. Infine lo consiglio a chi cerca qualcosa di speciale, da rileggere anche dopo anni assaporandolo come se fosse completamente nuovo. Un libro così bello che merita di essere prestato e fatto scoprire in ogni dove. In parole povere un Antonio Schiena: un nome una garanzia.

  • Nord e Sud

    Nord e Sud

    Margaret Hale è costretta a lasciare la sua casa dell’infanzia per seguire la famiglia, a Nord, in una città industriale. Un duro colpo per lei che aveva solo conosciuto le campagne bucoliche del Sud inglese. Dovrà fare i conti con la realtà grigia e fumosa delle prime fabbriche e delle conseguenze del lavoro industrializzato.

    Quando si avvicina ad un classico c’è sempre un poco di timore: chi è un lettore forte di narrativa contemporanea, trova i romanzi pre-1900 come letture pesanti che difficilmente si affrontano a cuor leggero. Troppo spesso ci sono romanzi ottocenteschi che per quanto siano grandi libri della letteratura, non vengono portati nelle librerie italiche perché non hanno mercato. I classici, sono quelli che si studiano a scuola, gli altri, per quanto importanti e godibili, non sono un prodotto ideale per il lettore medio.

    Eppure esiste un’eccezione. Per fortuna editori come la Jo March pubblicano quei grandi capolavori della letteratura vittoriana, rendendoli accessibili a non solo per quel pubblico che desidera integrarlo ai propri studi; i loro testi riescono ad arrivare in libreria per tutti.

    Un libro che potrebbe spaventare per la mole, eppure è tradotto un maniera sublime, diventando molto più scorrevole di quanto lo si possa pensare. La storia è fluida e il lavoro di adattamento è stato fatto con cura, permettendo all’opera di mantenere il suo senso, senza però rivelarsi troppo pesante per chi non è avvezzo al genere.

    Se lo si legge da classico, si incontrano tematiche molto interessanti legate alla rivoluzione industriale, permettendoci non solo di capire la vita di un lavoratore medio di quell’epoca, ma facendoci riflettere sui diritti e su come fosse diversa la vita delle prime città industrializzate rispetto a quelle di campagna. Se lo si affronta invece come narrativa si ha una buona storia romantica vittoriana, con diversi elementi che spingono il lettore a divorare ogni capitolo nella speranza di scoprire come le incomprensioni e conflitti si risolveranno. Se siete rimasti rapiti da “Cime tempestose” o “Orgoglio e Pregiudizio”, di certo non potete lasciarvelo sfuggire.

    Ultimamente questo testo è stato tradotto anche dal altre case editrici, eppure io mi sento di consigliarvi solo questa edizione e non solo per lo splendido lavoro di adattamento, ma anche per le introduzioni che questa casa editrice produce per ogni suo testo. Oltre ad avere una buona biografia dell’autrice, si può leggere una analisi sul testo che davvero porta il lettore ad approfondire le tematiche del libro. Insomma non troverete il solito saggio con paroloni altisonanti che vogliono dire poco.

    Da recuperare per il vostro scaffale dedicato all’inghilterrapre ‘900, che presto sono certa si riempirà anche di altri titoli di questo editore. Provare per credere.

  • Pomodori verdi fritti

    Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop

    Ci sono letture che entrano sotto pelle quasi in maniera inspiegabile, una di queste è stata questo libro. Ciò che più mi ha spiazzato è come il complesso mosaico di racconti, alternanza tra passato, presente e articoli di giornale, vadano a comporre una saga famigliare in un paesino così piccolo e lasciato a sé stesso che forse è speciale e unico proprio perché vive nei racconti di chi l’ha vissuto.

    Questa è una di quelle letture a scalata: ogni pagina è una salita, a volte faticosa, altre ancora misteriosa, ma che da un certo punto mostra il panorama infinito che solo dopo tutte quella strada percorsa possiamo davvero apprezzare. Ci si innamora dei personaggi, delle loro complesse avventure vissute con una semplicità quasi disarmante. Si impara ad accettare il passato come un momento che si può solo ricordare perché prima o poi tutto finisce, come la vita stessa.

    Potreste pensare che è un libro che parla di una saga famigliare e nulla di più, e forse avreste ragione se la narrazione dell’autrice fosse rimasta fuori, semplicemente a raccontare dall’inizio fino alla fine la storia, invece sceglie due personaggi: una, Ninny, che racconta il suo passato di cui non è nemmeno protagonista principale, e una ascoltatrice Evelyn che di questa storia è spettatrice proprio come noi lettori: ripercorrendo la crisi, e i fatti salienti di Whistle Stop, sarà porprio Evelyn a imparare a cogliere l’attimo e non lasciare che la sua storia sia già scritta e diretta verso il viale del tramonto. In questo rivivere il passato, l’autrice poi, completa il complesso puzzle con alcuni passaggi per non lasciare un buco in quel momento in cui Ninny non era presente senza che però risulti una forzatura, anzi, il lettore a un certo punto vuole sapere tutto.

    Come se già quanto detto sopra non vi aiutasse a capire quanto questo libro è unico, bisogna assolutamente che vi parli di razzismo e di relazioni LGBT, due temi che l’autrice non ha paura di inserire nella storia: sono rimasta molto sorpresa di trovare passaggi che parlassero o facessero parte del Ku Klux Klan in una comunità che sembrava tutt’altro che contro i componenti di colore, eppure sono gli anni venti e trenta e non si può negare che la loro presenza fosse alquanto ovvia, e l’autrice racconta di come i bianchi per bene rispettassero e difendessero la comunità nera, e nel loro piccolo facessero qualcosa per trattarli da persone, abbandonando quel retaggio retrogrado sudista dove la persona di colore era solo uno schiavo libero. A questo anche la naturalezza del parlare di una relazione omosessuale in un contesto storico dove, parliamoci chiaro, non rispettavano la gente di colore, figuriamoci chi si azzardava ad avere una relazione tutt’altro che convenzionale da quella di moglie e marito; anche qui l’autrice non lascia che tempi e luoghi frenino la sua penna e lascia che l’amore sia semplicemente amore, raccontato, vissuto e accettato.

    Questo libro è un best seller da cui è stato anche tratto anche un film, probabilmente è visto più come un titolo commerciale, eppure io sento che dovreste averlo nella vostra libreria. Potreste imparare ad affrontare un lutto leggendolo, potreste riscoprirvi in Evelyn e decidere che è il momento per dare una svolta alla vostra vita, o semplicemente potrete accettare che il passato sarà sempre a colori, anche se il mondo che ci circonda è grigio. Insomma, potete pensare che sia solo un titolo che tutti hanno in libreria, ma la realtà è che potreste trovare in esso qualcosa di più, non giudicatelo per le sue vendite, ma per quello che vi avrà raccontato di voi a lettura terminata.

  • Sonderkommando

    Sonderkommando – Diario di un crematorio di Auschwitz 1944

    La più grande fonte di informazione sulla Shoah, l’olocausto del popolo ebraico, per me è sempre arrivata tramite la parola scritta. A scuola puntualmente si legge l’argomento tramite i libri di testo, affiancando la storia a libri come “Il diario di Anna Frank” o, se si è più maturi, si legge invece “Se questo è un uomo” di Primo Levi. Testimonianze, memoria: parole scritte per non dimenticare. I lettori che si avvicinano a questo genere di libri rincorrono le risposte a domande che sembrano elementari: i mille “Perche?” o i continui “Come mai in così pochi si opposero?” rimangono spesso privi di una spiegazione logica che siamo in grado di accettare e spesso, tra le pagine di questi volumi, si trovano solo altri quesiti.

    Oggi voglio parlarvi di un libro molto crudo, la cui eleganza poetica estrania il lettore da una testimonianza così vera e spiazzante, che difficilmente si riesce ad accettare.

    Partiamo dal conoscere l’origine di questa memoria, ritrovata nella nuda terra di Auschwitz, su pagine scritte di nascosto alla ricerca di un lettore che portasse nel mondo esterno le dure realtà che il suo autore stava vivendo. Salmen Gradowski introduce i tre scritti che vennero ritrovati presentando se stesso, citando i nomi dei suoi famigliari, della moglie, persone di cui conosce la data di nascita e quella di morte perché lui è sopravvissuto a loro, ma è diventato uno degli uomini del Sonderkommando, la squadra di ebrei che fanno funzionare i macabri meccanismi del campo di sterminio.

    Tra le pagine ritrovate l’autore racconta l’orrore di un lavoro che produce morte, una tremenda catena di montaggio dove centinaia e migliaia di persone diventano cenere,distruggendo ogni prova degli orrori nazisti. Pagine che invocano un lettore perché qualcuno una volta letti, diffonda il loro messaggio e dia vendetta a tutte quelle donne e uomini che entravano vivi in quei luoghi e scomparivano tra i fumi dei forni crematori.

    Non è un testo semplice da affrontare, la prefazione per fortuna spiega quanto il lettore ignora e ciò che il suo autore potesse raccontare in quei giorni. Già perché di lui è rimasta solo la memoria scritta e si ignora la data esatta della sua morte.

    Una memoria che è difficile da evocare, eppure ci dona un tassello, l’ennesimo e orribile, di un periodo storico che non possiamo ignorare. Non dobbiamo dimenticare gli errori, non possiamo permetterci la leggerezza di non vedere nel razzismo i semi che hanno dato frutti così terribili.

  • La città delle maschere

    Stravaganza – La città delle maschere

    Lucien sta affrontando la sua prima seduta di chemioterapia, perdere i capelli e vivere a letto nella completa debolezza hanno cambiato la sua vita e quella dei suoi genitori, ed è rifugiandosi nei suoi sogni che, ispirato dall’immagine di Venezia, sogna Bellezza, la città delle maschere, in una Italia tardo rinascimentale che prende il nome di Talia.

    Questo è il primo libro di una saga che Mondadori ha parzialmente pubblicato. Si tratta di uno di quei titoli rari che difficilmente troverete in giro e ancor più difficilmente troverete a un prezzo economico. C’è un motivo se è rata e costosa: si tratta della miglior saga fantasy con ambientazione italiana che (a mio parere, ma provate per credere) sia mai stata scritta per i ragazzi. Il taglio infatti è adolescenziale, i personaggi sono caratterizzati con semplicità senza mai cadere nel banale; anche gli argomenti trattati (in questo come anche nei successivi due volumi) affrontano tematiche come la malattia e la disabilità, senza edulcorarla, anzi, ma vi garantisco che tra le sue pagine anche un adulto resterà affascinato dalla storia tutt’altro che infantile.

    La bravura con cui l’autrice trasforma Venezia in Bellezza fa capire da subito quanto lei conosca bene il nostro paese tanto che tradizioni e superstizioni sono adattate e citate, dando forma a un mondo a noi molto famigliare ma anche così magico in cui proprio si vorrebbe vivere.

    Ci sono solo tre, introvabili, volumi arrivati in Italia, e ce ne sono altrettanti (se non di più) inediti. È un peccato vedere una serie interrotta, proprio questi libri che raccontano con fantasia e colore il nostro paese e la sua storia folkloristica, parlando ai giovani lettori con onestà, vorrei tanto che Mondadori la riproponesse, e se non lei magari qualche buon editore. Insomma se trovate questa serie leggetela, piuttosto cercatela in lingua originale, sono sicura che non ve ne pentirete.

  • Victorian Horror Story

    Victorian Horror Story

    Guinevere “Ginny” Patel è una veggente a cui un impertinente Persival Wright, dopo aver disturbato una delle sue sedute spiritiche, offre un lavoro ben retribuito. Quello che Ginny non sa è che, accettare l’offerta, la porterà nel lato più mostruoso di una Londra vittoriana che nasconde temibili creature.

    L’epoca Vittoriana è una di quelle ere dove moda, storia e esoterismo sono una componente così ben miscelata che ambientarci una storia può essere un successo oppure un flop clamoroso. Ebbene l’autrice non cade nel banale e punta sicuro verso un romanzo che, sono certa, saprà tenervi legati alle sue pagine.

    Non è solo una questione di fantastico e ambientazione storica. Sapete che non amo fare anticipazioni, ma qui il plauso va fatto, anche se rischio di dire troppo, perché i personaggi sono creati a regola d’arte e ci si innamora di tutti, compreso Johnny il Nero, un personaggio secondario. Ginny, Wright e Huge affascinano e trascinano il lettore in un mondo popolato da creature mostruose e incredibilmente interessanti.

    Un altro piccolo plauso personale va alla scelta di nomi e location, e anche sulla scelta di sfruttare Whitechapel (che temevo già di vedere sfruttata con una rielaborazione su Jack lo Squartatore) è stato usato quasi come distrazione per poi svelarci il suo lato sovrannaturale. Anche gli stessi personaggi, che affiancheranno la protagonista, hanno nomi che rievocano la tavola rotonda, per non dire dell’irlandese Peter conosciuto a Kensington Park. Insomma, tante spintarelle, che vi faranno credere di poter aver intuito dove la storia voglia andare a parare e invece…

    Si dice sempre che il self è la strada per chi non è abbastanza bravo da poter avere un editore, ebbene questa lettura dimostra che invece dovrebbero stare più attenti ai manoscritti che si lasciano sfuggire, visto che Mala Spina ha dimostrato con questo (e con altre sue pubblicazioni) di essere un’autrice di successo. E’ arrivata, con le sue forse e senza problemi, al mondo editoriale. Una valida lettura che non annoia mai e che punta dritto al sodo. Personaggi ben caratterizzati di cui ci si innamora. Cattivi imprevedibili e avventure che, nonostante la pericolosità, ognuno di noi vorrebbe affrontare. Una Londra che incanta con la sua nebbia, una storia horror ma che si ama dopo pochi battiti di ciglia. Devo aggiungere altro o state già cliccando su compra subito?