Gli inganni di Locke Lamora
Prendete Venezia, fatto? Aggiungete una sana dose di avventura, fatto? Mescolate energicamente mentre a cascata versate alchimia, ladri di strada e gilde, fatto? Ora lasciate riposare in attesa che Mondadori faccia la magia, tra grafica d’effetto e raffinata ricercatezza nell’impaginato. Ecco a voi pronto per la lettura “Gli inganni di Locke Lamora”, primo volume della serie The Gentleman Bastard Sequence!
Era il 2019. Io con i soliti fedeli amici scrittori delle due pagine al giorno, in una casa, a guardare insieme le lezioni della Masterclass di Neil Gaiman. Lo so, state pensando che stia divagando, ma fidatevi: arrivo al punto. Non ricordo bene cosa ci portò a parlare de “I bastardi galantuomini”, ricordo solo che mi bastarono le parole “Venezia fantasy”, unite a “avventura”. Dovevo leggere questo libro. Con piacere mi dissero che la serie, interrotta da anni dalla Nord, era già nelle mani di Mondadori che, sotto alla linea editoriale Oscar Vault, stava programmando la pubblicazione del terzo volume ancora inedito in Italia.
L’ambientazione di questo primo libro, le cui dimensioni lo rendono un’ottima arma contundente, è Camorr una città che ricorda molto la nostra Venezia ai tempi del Doge. Alla suggestione dei canali l’autore aggiunge anche la componente fantasy, che si sente appena nei primi capitoli, ma che vi garantisco sarà dominante nel resto del libro (e dei volumi successivi). Come se già così non bastasse ad affascinare, arriva anche la scelta di non raccontare i piani alti di questo mondo, bensì si parte dalle sue profondità più putride. Locke è un orfano che si trova a finire in una piccola gilda di ladruncoli di strada che vive in un cimitero, e che poi arriverà a vestire i panni del più bravo Garrista di Camorr, senza che la città sappia davvero della sua esistenza.
Che cosa ha di speciale questo libro (o meglio questa serie) per dover finire tassativamente nelle nostre librerie? La risposta è un altisonante “ha tutto”. Il word building, che forse in questo primo volume è solo sfiorato, sboccia pian piano mostrando la complessità di un fiore raro e magico. Ci si innamora dei personaggi, e il caro Scott Lynch è pronto a far soffrire, tanto che in certi momenti ho temuto potesse diventare un noto serial killer di personaggi sulla falsa riga di G. R. R. Martin. Infine, forse l’elemento più semplice: è un libro scritto bene, lungo ma nessuna parola o frase è di troppo.
Recuperate questo libro e i suoi due seguiti e poi pregate intensamente, perché avrete bisogno che Lynch scriva altro, molto altro: non ci si può fermare a una trilogia.