Lettera a Tolkien

Lettera a Tolkien

Caro Professore,

         o forse dovrei iniziare con “Caro J.R.R.Tolkien” o magari con un più breve “Caro Jhon”… insomma se già non lo avesse capito, scriverle non è una cosa semplice. Avrei tanto voluto almeno incontrarla dal vivo, avevo in programma di passare da Oxford nel 2020, per fare un giro veloce a portarle un mazzo di fiori sulla sua tomba, ma… c’è stata una pandemia, poi pure la brexit e ora la variante inglese, quindi al momento l’unica alternativa è una lettera.

Quali potrebbero essere le parole più adatte? come le posso spiegare che lei è stato allo stesso tempo la mia salvezza e la mia rovina? Ci provo. Partiamo con il dire che in questo stesso periodo, nel marzo del 2002, per affrontare la dislessia, presi il suo “Il Signore degli Anelli” in prestito dalla biblioteca. È stato il primo libro che ho letto consapevolmente, cercando di affrontare la mia incapacità alla comprensione e alla lettura. CI misi otto mesi a finirlo. Gli feci fare pure una trasferta estiva a Ponte di Legno. Lì ritrovai dal vivo la sua Contea, a pochi passi dalle trincee della prima guerra mondiale, sebbene fossi sugli altopiani bresciani. Un qualcosa di diverso dalla campagna inglese che l’ha ispirata, ma non starò qui ad annoiarla. È altro che le devo dire. Beh quegli otto mesi hanno causato una dipendenza dai suoi libri che è sfociata anche in una lettura forsennata di molti altri volumi; fino ad allora consideravo le letture per me inaccessibili. La mia casa ora conta più di duemila volumi (in aumento), e credo un migliaio di averli letti, ma sa, tenere i conti non è il mio forte.

Come se questo non bastasse, con quella lettura iniziai a sognare. Scrissi. Lo so è una cosa tipica dei novellini che fanno fantasticherie sulle storie che amano, ma nel mio piccolo ero orgogliosa di aver creato un decimo componente della compagnia dell’anello: una sinuosa elfa che avrebbe stregato il cuore di Legolas. Lo so, lo so, ma ero una adolescente con il pallino per Orlando Bloom, non ci si poteva aspettare che fantasticassi su epiche battaglie. Però iniziai a scrivere. Oggi conto due lavori editi, uno inedito e la speranza di continuare a scrivere e pubblicare.

Non mi ritengo alla sua altezza, non oserei mai chiederle di leggere qualcosa di mio, anzi me ne vergognerei tantissimo. Devo studiare ancora molto. Poi nel mio piccolo questo amore verso le storie, che lei ha fatto sbocciare, è anche fonte di tanto dolore.

Vorrei essere stata fortunata come lei ed avere degli amici storici con cui condividere i miei testi, ho cercato di avere dei buoni rapporti con “i colleghi”, ma a volte non mi sento degna di essere letta da loro. Mi domando se leggere e scrivere mi abbia davvero fatto bene. Professore, perché soffro così tanto per ciò che amo? Perché non è facile scrivere e vedere i propri lavori arrivare ai lettori? I tempi sono molto cambiati e darei la mia vita se solo potessi dedicarla unicamente alla ricerca della storia perfetta che potrà, suscitare in altri, quello che la sua fece per me. Sono giovane, c’è tempo perché io riesca o abbia almeno tempo per provarci davvero. Magari non riesco ancora a vedere che ho bisogno di lasciare che tutto trovi il suo posto, che in fondo tutto questo tempo che dedico al lavoro che mi paga affitto e bollette, prima o poi, mi aiuterà a trovare anche la possibilità di realizzarmi.

Le sembra giusto professore che io soffra così tanto per il seme che piantò in me un suo libro? Vorrei tanto una sua risposta. Vorrei poterla leggere e sentire che non è tutto vano, non saranno magari rose a fiorire in me, ma mi accontenterei di tanti papaveri rossi.

Per quanto possa soffrire la ringrazierò lo stesso, anche di tutto questo dolore, perché sono una persona con uno scopo, se quella ragazza non avesse letto il suo libro ora non saprei dirle se sarei arrivata a oggi.

Spero di poterle venire a porgere i miei omaggi presto. Voglio vedere la sua amata Oxford, voglio scorgere la campagna che l’ha ispirata e leggere i passi dei suoi libri mentre cammino attraverso le strade che sono state anche sue. Per ora posso solo sognare, ma le prometto che ci sarò. Torno a scrivere, lei mi aspetti, prima o poi ci incontreremo.

Le porgo i miei più sinceri saluti, anche alla sua adorata moglie che riposa accanto a lei.

A presto Professore…

Alice

I mondi di J.R.R.Tolkien

Recensione I mondi di J.R.R.Tolkien di John Garth

La Terra di Mezzo è intorno a noi. Nessuno leggendolo può pensare diversamente. Ci sono tantissimi elementi che fanno capire che non ci troviamo in un luogo di invenzione, semmai è Tolkien ad aver portato nella terra di mezzo ciò che più amò, ma anche ambientazioni che lo segnarono indelebilmente.

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Se viene facile riconoscere nella Contea la campagna inglese, che lo segnò nell’infanzia e non solo, trovo sia molto sfizioso questo viaggio per l’Inghilterra e non solo, per poter arrivare a capire come siano stati plasmate le terre, i boschi, fino alle torri che caratterizzano i suoi romanzi.

È inutile negare che questo volume è l’ennesimo compendio necessario per chi, come me, ha sempre bisogno di una nuova boccata d’aria che venga da Moria, da Bosco Atro, da Collevento, fin anche da Granburrone o Mordor. In questo periodo in cui non c’è dato modo di viaggiare, farlo attraverso le storie che amiamo credo sia, sebbene una consolazione, una buona fuga da questa pandemia che ci tiene spesso chiusi in quattro mura e ci nega ogni possibile svago turistico.

Questo volume snocciola, non solo la biografia di Tolkien, ma sviscera come pian piano le influenze della sua vita quotidiana siano arrivate a dare colore e forma a un mondo che non è mai stato semplicemente uno sfondo per le avventure che le hanno abitate. Ho visto solo uno scorcio della campagna inglese, eppure ho riconosciuto quel verde che poi è lo stesso che davvero ha dato le basi per Hobbiville. Anche se vi confesso che per me la vera Contea è Case di Viso, un luogo quasi totalmente diverso da quello descritto dal suo autore, ma che ho visitato e vissuto proprio mentre leggevo quei capitoli.

C’è una perplessità che mi sento di esprimere su alcune cartine all’interno di questo volume. Spero che siano errori di conversione, ma per un attimo avevo sperato che in Italia ci fossero luoghi da ricondurre in qualche modo a Tolkien. Ho invece notato che la cartina era posizionata in maniera errata rispetto ai punti indicati, che erano relativi alla svizzera. Quindi nulla, non c’è speranza di poter ripercorrere quegli itinerari a breve.

C’è molto su Tolkien e sono certa serva alla mia libreria, ma anche alle vostre. Se ancora non lo avete fatto andate subito a recuperare questo libro, lo so che avrete poco spazio, ma lo troverete appena lo avrete tra le mani.

I tesori di Catherine McIlwaine

Blog Tour Tolkien – Il creatore della terra di mezzo – I tesori di Catherine McIlwaine – Il Silmarillion

Come posso spiegarvi “Il Silmarillion”. Lo so che lo ripeto in ogni dove, eppure non smetterò mai di ringraziare Tolkien: con lui ho cominciato a leggere a sedici anni, e ora ho una casa sommersa di libri e vorrei averlo scoperto prima. Ero solo una ragazzina, cercavo solo un libro che potesse farmi affrontare lo scoglio della dislessia. Fu “Il signore degli anelli”, ma anche “Lo Hobbit”, a farlo, anche se il mio più grande amore tolkeniano è legato a “Il Silmarillion”. Questo libro lo si può riassumere come la genesi del mondo della terra di mezzo. Non credo si possa scadere nella poetica narrazione di come il suo autore lo concepì mentre era rimasto ferito nella prima guerra mondiale. No, per me questo libro è qualcosa di più. È storia, è epica, è avventura e tormento, un luogo dove vivono gli eroi, dove nemmeno lo stile del suo autore (per molti ritenuto ostico) mi poté rallentare, anche se era solo il terzo libro che leggevo.

Attenzione, questo libro è stato offerto da Mondadori.

Ne “Il Silmarillion” tutto ha un inizio. Credo che i disegni di Tolkien lo facciano percepire più chiaramente rispetto agli altri appunti e incartamenti. È qui che secondo me il maestro ha messo la sua anima. È il luogo dove scatta la scintilla che darà luce e vita a tutto; lo fa con la poesia della musica, che da canto diviene vita. Non sceglie il verbo o un creatore supremo. Lascia che sia il suono a plasmare la terra e le vite. I suoi elfi, i primi uomini in quei boschi eterni, perfetti, che lui stesso mise su carta.

Fa strano vedere i bozzetti di Tolkien, aveva una grande fantasia e non la applicava unicamente alla narrazione. I suoi disegni, a volte legati alle geometrie, stilizzati, sono rivelatori di un qualcosa che la parola non sempre riesce a trasmettere: le atmosfere che solo il colore vivo e le linee possono portare. Chissà se Tolkien si è mai immaginato noi posteri guardare i suoi lavori, più o meno riusciti, per entrare sempre di più nelle sue opere? Mi chiedo cosa penserebbe lui, di questo nostro morboso “avere altro” quando la sua produzione è ormai finita e definita da tempo. Eppure è questo che i libri sono in grado di fare: creare un bisogno che va oltre le pagine. Sono certa che questo stesso “prurito di curiosità” si possa scatenare anche grazie a serie tv o fumetti, ma io non riesco a riconoscerlo così forte, come tra quella magia che si è creata tra me e i libri di Tolkien.

De “Il Silmarillion” devo avere solo tre edizioni (poca roba rispetto alle mie collezioni in cui ho a volte decine e decine di volumi dello stesso libro), eppure sono una più importante delle altre. La prima che ho avuto è stata il regalo di una mia amica dell’epoca per il mio diciottesimo compleanno; la seconda è l’edizione che lessi la prima volta e che pagai uno sproposito perché volevo che fosse proprio quel libro (già raro negli anni 90), infine ho un’edizione inglese perché un giorno vorrei provare a leggerla in lingua madre. Per me questo libro è riassumibile così: come una presenza importante nella mia formazione, un tesoro che ho voluto a ogni costo, una promessa di riscoprirlo nella sua originale interezza quando sarò pronta.

È per questo che non posso far altro che continuare a leggere e informarmi su Tolkien, è per questo che finché ci sarà da scrivere su di lui, io sarò lì a leggere. Anche questi due volumi, lo fanno magistralmente, perdermi tra le loro pagine è stato un modo per tornare su quei primi passi lontani quindici anni.