Sensei Toriyama

Grazie di tutto Sensei Toriyama

Il mio primo manga è stato il volume 49 di Sailor Moon, l’ultimo della serie. Quindi ci riprovai, perché avere gli arretrati in quell’estate del 1999 era un’impresa impossibile.

Ho così comprato Dragon Ball volume 14, perché quello aveva la mia edicola; erano tempi in cui iniziavi a leggere quello che trovavi sugli scaffali senza accesso ai volumi mancanti. So ancora dirvi quale fosse il punto esatto della saga: l’incontro con Dio da parte di Goku e, soprattutto, il preludio al 23º torneo Tenkaichi. Ero a un bivio: potevo conformarmi a tutte le altre ragazze e leggere Cioè, oppure investire in questi fumetti, che si leggevano “al contrario”. Dragon Ball fu da quell’estate il primo dei tanti gradini che mi avrebbero portato a leggere; i libri, sarebbero arrivati molto dopo.

Vivevo in un paesino piccolo. C’erano solo tre edicole, e Dragon Ball arrivava solo a una di queste. Per la precisione ne arrivavano 2 copie e, avevo scoperto, eravamo in 3 a leggerlo. Internet non esisteva, quindi ogni volume che mensilmente (se non erro il giorno 15) arrivava era una gara per recuperarlo prima degli altri. Era inevitabile che a uno di noi sarebbe mancato. Questa è stata la prima storia che mi ha permesso di avere amici. Una ragazza e un ragazzo con cui avevo un rapporto di amore e odio: condividevo l’amore per le avventure di Goku & co., ma dovevo batterli sul tempo per non restare l’unica a non avere il nuovo volume. Ricordo che mi alzavo a orari improbabili per andare in piazza a recuperarlo prima che potessero andarci loro. E poi, dopo che lo avevamo letto tutti, partivano le congetture: e adesso? Tavole rotonde nei corridoi della mia scuola media in cui cercavamo di capire come sarebbe andata con Raddish e Vegeta…

Un piccolo, piccolo mondo ignorante del fatto che questa fosse la seconda ristampa del manga, che su alcuni canali provinciali girasse già l’anime e che diversamente il resto del mondo probabilmente già lo sapesse. Se ho potuto avere quel mondo dove ci interrogavamo per quale processo fisico-biologico i capelli dei Saiyan diventavano biondi quando Goku e Vegeta diventavano un Super Saiyan (e oggi, dopo 25 anni, scopro perché semplicemente non voleva colorare le tavole!), dove la sfida era sapere prima come andasse a finire, e condividere quell’amore con alcuni coetanei lo devo ad Akira Toriyama. Non posso immaginare (e un po’ mi fa paura l’idea che se non avessi amato tanto Dragon Ball la mia vita potrebbe non essere quella che ho ora), e sono quasi certa, non sarebbe stata così felice. Perché dopo quel manga ne sono arrivati tanti altri, sono stata una cosplayer, sono passata dai fumetti a leggere libri.

Ho saputo della sua morte la mattina dell’8 marzo. Mi stavo vestendo per andare in ufficio. Ho deciso di portare il lutto perché ho perso l’uomo che ha permesso la creazione di quei piccoli momenti. Akira, non ce l’ho fatta a dirti grazie di persona. Magari non ce l’avrei mai fatta, ma oggi ci tengo che qui ne resti traccia. Grazie Sensei. Ora il colore della mimosa lo collegherò sempre al colore dei Super Saiyan, e in qualche modo alla tua memoria, anche se leggendo di te ho scoperto che semplicemente eri un poco svogliato, e hai preferito farli biondi per non inchiostrare le tavole.

Compleanno Alice

Buon “non” Compleanno Alice

Domani sono esattamente 158 anni da quando Charles L. Dodgson e l’amico reverendo Robison Duckworth remarono su una barca insieme alle tre figlie di Henry Liddle: Lorina, Edith ed Alice. Un pomeriggio come molti altri che però spinse Charles a scrivere un racconto che poi divenne romanzo firmato con lo pseudonimo Lewis Carroll.

Mi rendo conto che dopo tanti anni di blog non ho mai parlato della mia collezione dedicata a “Alice nel Paese delle Meraviglie” e al suo autore, direi quindi che oggi è il giorno adatto per porvi rimedio.

La mia libreria conta (non è un calcolo ufficiale) più di cento volumi legati al tema del bianconiglio. Fumetti, saggi, edizioni dell’opera nelle lingue più disparate, illustrate da Tenniel o da artisti più contemporanei, fino all’edizione con i disegni di Salvador Dalì, conta anche reperti più personali quali lettere dell’autore, fotografie che lui stesso scattò ad Alice e a molte altre bambine, e non dimentichiamo manga e retelling ispirati da questa opera. Sto inoltre omettendo quella piccola parte della casa in cui ho accumulato agende, piccole action figures, spazzole, trucchi e altri accessori legati al tema. Se pensate che tutto questo possa bastare, vi sbagliate perché ogni giorno continuano ad arrivare piccoli elementi ad arricchire la collezione.

Avevo diciotto anni quando lessi per la prima volta il romanzo originale, in una edizione davvero ben tradotta dalla Mondadori, dove le note offrivano spunti di riflessione. Non so se fu il fatto che questo libro potesse essere una grande fonte di collegamenti per la mia tesina o se semplicemente rimasi colpita da alcuni significati reconditi (come quello offerto dal Dogma alla filastrocca del Tricheco e il Carpentiere) a cui l’opera si presta tutt’ora. Inoltre più leggevo i misteri legati all’autore, più Alice e Lewis mi appassionavano, ma non ero l’unica visto quanto questa opera sia entrata nella cultura influenzandola, creando connessioni forti.

Inizialmente puntavo solo a quelle versioni ricercate che avevano più illustrazioni o approfondimenti, poi, lavorando nelle spedizioni internazionali, con colleghi che viaggiano in tutto il mondo per lavoro e non, la situazione mi è sfuggita di mano. Sono arrivata anche a chiederle come souvenir agli amici che vanno all’estero, della serie: “lascia stare le calamite, entra nella prima libreria e chiedi Alice nell’edizione più bella che trovi, te la pago”.

Ho edizioni Canadesi, Svedesi, Australiane, Coreane, e persino Kazache. Ma anche alcune economiche, altre rilegate, altre ancora con copertine in pelle e decori in oro.

Come ho detto non mi fermo al libro in sé, anzi, ogni retelling che arriva in Italia e cade sotto i miei occhi è mio. Fumetti, adattamenti per i bambini, film, dvd e prossimamente mi metto al lavoro per i videogiochi, promesso. Anche i saggi su Lewis o Alice Liddle (la bambina che ispirò l’autore a scrivere la storia) non sfuggono e, quando qualcuno ne cita alcuni in lingua inglese (se ne trovano davvero pochi in lingua italiana), cerco di recuperarli subito se il prezzo lo permette.

Perché? Non saprei darvi una chiara risposta. È nata come amore, sta forse diventando ossessione, ma come la stessa sua fonte non ha bisogno di un senso. È un gioco, un qualcosa che vorrei lasciare ai posteri, un modo di investire i miei soldi per creare qualcosa che un giorno vorrei ricordasse chi sono: una pseudo-scrittrice fissata con i libri di una sua omonima.