Miss Emma

Recensione di Miss Emma di Margherita Fray

Emma è la figlia minore. Lei non può nulla se paragonata alla sua perfetta sorella Elinor. Ma quando compare il bel Mr. William Mann potrebbe essere il suo momento. Eppure sua sorella e sua madre sembrano contrarie alla relazione tra i due, infatti cercano di allontanarla per spingerla nelle braccia del vedovo Capitano Puck. La virtù di una ragazza è cosa preziosa,  basta poco per perdere la reputazione in una città piccola e pettegola come Bath…

Attenzione questo libro è stato offerto da Margherita Fray.

Dopo un periodo di silenzio, ecco che Margherita Fray fa ritorno nel panorama letterario con un romanzo Historical Romance, un genere in cui non l’avevamo ancora vista cimentarsi e che risulta, a mio parere, una prova d’autore molto convincente.

Partiamo con il dire che il romanzo ha, connotato nuovo nei romanzi di questa autrice, un’armoniosa leggerezza e spensieratezza: i capitoli introduttivi scorrono velocemente, portandoci allo scandalo che ci terrà incollati alle sue pagine fino alla fine. Una scelta molto azzeccata, soprattutto per me che in questo periodo ho grosse difficoltà a iniziare e finire un libro. Se siete in pieno blocco del lettore, questa potrebbe essere la lettura ideale per affrontarlo e sconfiggerlo.

Historical Romance con un “asterisco”. L’autrice infatti ci tiene a specificare che è una romanziera e non una storiografa, questo però non rende l’elemento storico così irreale come nella serie tv dei Bridgerton, che sì mi è piaciuta, ma è un esempio di fanta-storia. In “Miss Emma”, Margherita fa un lavoro egregio anche se non fissa date ed eventi; possiamo sentire forti le vibes Austeniane e, forse anche influenzata dalla copertina, non si può negare sia un regency. Certo la protagonista è nel complesso molto “moderna”, eppure credo sia il caso di prendere in considerazione che comunque donne con gli attributi, come Emma, sono esistite. Altrimenti ora sarei anche io a fare la calzetta a casa. Un gran punto a favore di questa storia è la sequela di pronte e sagaci risposte in punta di lingua di Emma: ci sono dialoghi splendidi in cui la nostra protagonista diviene regina delle situazioni, perché nel suo piccolo saprà affrontare tutto a testa alta.

Di certo questo libro mi lascia grandi aspettative per il futuro, ci sono infatti tanti personaggi su cui l’autrice potrebbe investire tempo. Per ora non c’è nulla in programma, ma nel caso in cui decidesse di mettersi al loro lavoro, io sarei prontissima a liberare il mio kindle e lo scaffale della libreria per fare loro spazio. 

Un romanzo da leggere, da gustare pagina dopo pagina, nella speranza che la Signora Fray lavori presto a una nuova storia da leggere.

La tuffatrice

La tuffatrice di Julia von Lucadou

Riva è una tuffatrice, i suoi lanci dai grattaceli sono i più premiati e seguiti. Ha un compagno che la ama, una vita che sembra perfetta da ogni lato. Eppure, senza una ragione specifica decide di smettere con i tuffi, di fregarsene di tutto. Per questo a Hitomi Yoshida viene affidato il compito di riportarla sui suoi passi. Gli investitori e l’allenatore rivogliono Riva sul trampolino, pronta a gettarsi ancora e ancora, a sponsorizzare i prodotti.
Attenzione, questo libro è stato fornito da Carbonio Editore.
Ve lo confesso, sarà difficile parlarne e questo significa due cose: non è un libro che si può semplicemente raccontare, va letto per essere scoperto nella sua interezza, e inoltre riassumere certe situazioni mi sembra riduttivo dopo averle vissute pagina dopo pagina.
La lettura è stata quasi deviante, la sterilità di emozioni che traspare dalla sua lettura mi ricorda ormai quello che accade sui social. Tutti a dire la propria su un fatto, ma nessuno che combatte più delle vere battaglie per i propri pensieri. Basta un RIP in bacheca per sentirsi parte di un lutto, basta dire la propria opinione su quell’argomento e vi siete espressi prendendo una posizione su fatti che magari andrebbero approfonditi prima che giudicati. A questo si devono aggiungere i Casting Queens™ che hanno il sapore dei nostri talent show, dove si determina il destino dei partecipanti, dando la possibilità a tutti di arrivare a ottenere una fuga dalle periferie. Una costante ricerca del successo, dei numeri, del creare contenuti che vengano condivisi e commentati. Il bisogno di enfatizzare le proprie parole con frasi fatte inglesi che sembrano quasi l’evoluzione dei nostri hashtag. Vorrei tanto pensare che il mondo creato dall’autrice fosse lontano, invece il terrore è che lo vedo già in costruzione oggi.
Non è una distopia commerciale, la si può semmai ricollegare a grandi nomi del genere, con l’innovazione di una visione contemporanea. Il mondo del lavoro che schiaccia i lavoratori, il constante bisogno di dare migliori prestazioni, avere migliori crediti per potersi permettere una casa migliore una vita migliore.
L’aspetto psicologico di questa società che ha tablet costantemente in mano, che è sorvegliata in ogni suo ambito, è un altro elemento ansiogeno: Hitomi che non ha una sua propria convinzione, ma ha sempre cercato di dare il massimo e di dimostrarsi degna delle opportunità che otteneva, dovrebbe offrire supporto psicologico a Riva, o meglio, deve riportarla a essere di nuovo quella che gli altri vogliono che sia, e i suoi successi e insuccessi determinano quanto meriti avere dei crediti e quanto invece potrebbe perdere tutto. Perfino le proprie prestazioni fisiche, il rapporto tra sonno e veglia, sono tutti fattori che rendono una persona migliore o peggiore delle altre. C’è una costante ansia di essere nella media o di fare meglio degli altri.
Non credo che questo libro sia per tutti, ma credo che tutti dovrebbero leggerlo per capire quanto la caccia di like e follower potrebbe portarci a un mondo in cui contano solo i numeri e non quello che vogliamo essere.

Falce di Neal Shusterman

Recensione Falce di Neal Shusterman

Se la mortalità fosse sconfitta, se a tutti noi venisse concesso di vivere eternamente, il mondo non reggerebbe la nostra presenza, tutti questi immortali che continuano ad avere figli anche a cento o duecento anni: continuare a crescere di numero, senza che la morte possa ridurlo naturalmente sarebbe impossibile perché non ci sarebbero le risorse. Sono queste le premesse di Falce, una distopia young adult che racconta di uomini e donne incaricati appunto per incarnare la morte.

Attenzione, questo libro è stato fornito da Mondadori.

Citra e Rowan sono due adolescenti che entrano in contatto con una Falce e dimostrano di avere la propensione per il lavoro di spigolatura (nome del processo messo in atto dalle Falci quando donano la morte): i due ragazzi hanno pietà e soprattutto non sceglierebbero mai la via delle Falci.

La premessa è davvero molto interessante e infatti mi è spiaciuto che i toni della storia siano semplificati per rendere la storia adatta al pubblico giovanile, perché se trattata con la giusta forza sarebbe stato un romanzo davvero molto forte. Non posso però negare che sia un ottimo young adult distopico con tutti gli elementi che lo potrebbero trasformare in un successo editoriale.

I personaggi sono ben costruiti anche se devo ammettere non hanno nulla di originale e anche lo stile con cui è scritto il romanzo tiene il lettore più consumato troppo a distanza da Citra e Rowan, forse se vissuti di più attraverso le loro azioni avrebbero emozionato di più il lettore; infatti le prime pagine, quelle più importanti, dove Citra e Rowan sono appunto chiamati a essere apprendisti Falce, la narrazione corre senza mostrare appieno le attività e le prime spigolature a cui prenderanno parte: sono raccontate con frettolosi flashback spiacevoli, in tal modo la scena risulta molto distante. A ciò la storia d’amore mi è sembrata molto forzata, della serie “non poteva mancare, mettiamola” e forse se si fosse approfondito il primissimo periodo di apprendistato, la costruzione di una relazione tra i protagonisti sarebbe stata più coerente nell’insieme della storia.

Ci sono diversi punti del romanzo che ho trovato interessanti. La storia si svolge in un futuro lontano dove, senza la morte, sconfitta la povertà, la gente vive ma è anche scossa da una noia di esistere, per esempio il miglior amico di Rowan, Tyger, attira l’attenzione della sua famiglia attraverso continui lanci nel vuoto, da cui viene rianimato e curato. Anche l’idea che a gestire il mondo non ci siano governi, ma un sistema evoluto di un Cloud, il Thunderhead, è un elemento intrigante che non è stato sfruttato come un grande fratello, ma appunto come un’enorme mente a disposizione del mondo. Pensando ai suoi algoritmi e interfacce mi sono immaginata un possibile Google del futuro.

Sono sinceramente molto divisa su questo volume e non mi sento di consigliarlo a tutti. È una lettura con ottimi spunti, eppure è stata scritta a mio parere con troppa semplicità, sarà certamente un libro molto ricercato, ma devo confessare che sarei spinta a comprarlo più per lo splendido lavoro grafico che per la storia. Anche se… siamo solo al primo volume di una trilogia. Sono curiosa di scoprire come continuerà la storia per capire se forse, questo volume, ci ha preparato a una storia molto più concreta. Per ora mi sento di consigliarlo a chi ha amato saghe come quella di Divergent e Hunger Games, e a lettori giovani, che in questa storia troveranno certamente un buon passatempo, a quei lettori un poco più navigati invece consiglio di passare oltre.

Erich e la Città di Sale

Recensione Erich e la Città di Sale di Gaia Verzegnassi

Se esiste la perfezione, questa è certamente lontana dal nostro giardino, quello del vicino è sempre più verde, non importa cosa ci sia alle spalle di tutta quella bellezza, in quanto tale va goduta, non si può rimanere e negare la sua esistenza. A volte serve toccare con mano per capire quanto poco ci sia di perfetto in ciò che non conosciamo.

Attenzione questo libro è stato fornito da I.D.E.A. – Immagina Di Essere Altro.

Ie Ajn è una città da sogno che il nonno di Erich ha sempre descritto come un luogo speciale, unico e soprattutto l’incarnazione di giustizia. Un luogo dove gli uomini sono liberi, dove i criminali pagano il loro debito con la società perdendo la vita, su cui regna una regina che cela il suo volto ma che tutti venerano come fosse una divinità.

Il libro ha tutta la delicatezza di un esordio, a volte ingenuo a volte fresco come solo alcuni giovani autori sanno ancora sognare. Finalmente un fantasy in cui non c’è il viaggio dell’eroe classico, ma semmai un viaggio molto simile a quello che, ingenuamente, molti giovani compiono legando il desiderio di diventare davvero adulti al bisogno di trovare un nuovo luogo dove mettere radici, dove non si ha mai vissuto, reputandolo migliore a priori per sentito dire, perché diverso e quindi perfetto. Ecco questa è una avventura che racconta quanto nulla sia perfetto, che ogni cultura ha dei difetti e che l’utopia è sempre e solo irrealizzabile.

Ho trovato degli elementi davvero interessanti come gli immortali che vivono impalati sulle mura, in una eterna condanna o anche la regina velata che, nel finale, racconta una verità davvero difficile da accettare. Piccole chicche, come anche i bestiali di cui avrei voluto leggere di più nella storia, perché forse l’unica pecca è la mancanza di padronanza dello “show don’t tell” che spero l’autrice impari a padroneggiare perché le idee ci sono tutte per creare dei fantasy davvero coinvolgenti e soprattutto fuori dagli schemi.

Mi sento di consigliarlo a giovani lettori per viaggiare con la mente, ma anche imparare la morale di questo libro. Come sempre questo editore conferma l’amore per la gioventù letteraria del fantasy italiano e onestamente mi auguro non smettano di fare da nave scuola a questi autori che hanno grande potenziale.

Recensione: Un Inutile Delitto di Jill Dawson

Recensione: Un Inutile Delitto di Jill Dawson

Quando mi è stato chiesto di leggere questo romanzo non conoscevo i fatti reali che lo avevano ispirato. La storia contenuta in questo romanzo ha una forte componente reale, l’autrice stessa ha voluto dedicare questo volume a Sandra Rivett, la vittima di un omicidio che ancora oggi non trova giustizia.

Attenzione questo libro è stato offerto da Carbonio Editore.

Londra, 1974. Mandy è una ragazza che ha saggiato il gusto amaro della vita. È pronta a dare una vera svolta alla sua esistenza grazie alla sua amica Rosemary che l’ha raccomandata a una agenzia ed è pronta a iniziare il lavoro di bambinaia presso Lady Morven.

Potrebbe essere il tipico prologo per una storia da sogno, un nuovo inizio e invece racconta uno dei tanti, troppi, fatti di cronaca nera che troppo spesso vengono messi in secondo piano: un femminicidio tra i peggiori della storia inglese.

Mandy come abbiamo già detto ha una storia complicata, arriva persino ad affrontare un periodo di esaurimento facendosi ricoverare in un istituti di igiene mentale, dove appunto incontra Rosemary, voce secondaria di un libro che racconta la vita delle donne, in un periodo dove il femminismo è ancora agli albori.

Una Londra pop, che fonde l’aristocrazia ai colori acidi di un periodo storico che sarà la culla di grandi rivoluzioni. Questo romanzo racconta storie di donne, madri, ragazze, tra flashback e presente a mostrare come non si sia mai preparate alla violenza degli uomini, che non si manifesta solo attraverso l’aggressività ma anche con la meschinità di uomini che amano solo attraverso il sesso.

Un romanzo che da voce a una vittima e parla di una vita (anche se parzialmente inventata) interrotta per errore, per un banale scambio di persona che però non vedrà mai giustizia. L’autrice fa il suo meglio per far entrare in contatto il lettore con la sua storia e tramite Rosemary che, seppure così diversa da Mandy, parla alle donne attraverso tutto lo sgomento del non aver capito per tempo, tormentata anche dal senso di colpa di aver portato l’amica a Londra e sulla strada del suo assassino.

Una lettura che consiglio anche agli uomini per capire il complesso mondo femminile, e il dolore per quelle morti che troppo spesso vengono sminuite dai giornalisti.